LA DIVERSITA’ DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA

Riflessioni su vecchio film

Negli anni ’80 la cinematografica australiana tenta di competere con i grandi successi americani  proponendo, tra l’altro, la storia di un personaggio carismatico e accattivante che, in un ambiente selvaggio, affronta eventi estremi con la scioltezza donatagli dalle esperienze vissute in un habitat dove tutto è tranquillo e tutto è un pericolo.  Il film, che moltissimi hanno visto, anche perché riproposto più volte in TV, si intitola Mr. Crocodile Dundee e prende spunto da una storia veramente vissuta e raccontata nell’autobiografia di un cacciatore australiano tale Rod Ansell, originario del Queensland, e narra le vicende del lungo periodo della sua vita trascorso tra la natura selvaggia della parte più ostile dell’Australia. 

Il protagonista del film è un Mick Dundee, esperta guida e cacciatore di coccodrilli nelle foreste australiane. Il film è una commedia romantica e avventurosa, pregna di scene che esaltano la dimestichezza del protagonista, interpretato da Paul Hogan (vincitore del Golden Globe per l’interpretazione), nel dominare gli accadimenti e i contrattempi con sprezzante naturalezza, lì, in quell’habitat estremo che lui conosce come le sue tasche e dove non mancano scene alla Indiana Jons di salvataggio in extremis della sua bella e fragile compagna. Una commedia semplice e grezza che punta sostanzialmente sull’istintiva naturalezza del personaggio di controllare e sovrastare gli eventi senza quasi rendersene conto.

Una storia banale fino a quando il cacciatore di coccodrilli non si trova, seguendo la sua bella “Jane” newyorchese, nella caotica civiltà della “grande mela”, sentendosi “straniero in terra straniera“. E’ allora che assistiamo ad un vero scontro di mondi e di culture, con il protagonista che affronta in una realtà per lui ostica (seppur non ostile) e incomprensibile. Un diverso, i cui comportamenti non saranno mai compresi, in un mondo dove lui risulta un corpo estraneo e che, non faranno che generare equivoci (divertenti) ed incomprensioni. 

Il film, sebbene la critica più nota non lo abbia rilevato, pone un tema di estremo interesse e fa riflettere sul tema che noi chiamiamo diversità, anche se spesso si associa al concetto di diversità quello di fragilità, di soggetto più debole rispetto alla stragrande maggioranza. Qui siamo di fronte ad una diversità con gli artigli perché l’uomo coccodrillo non si fa intimorire dal borseggiatore di strada che tenta di rapinarlo, né si fa mettere in imbarazzo dagli amici vip della sua compagna e tanto meno si trova in difficoltà nei sobborghi della grande città, Se la cava sempre perché è un diverso con gli artigli affilati.

Per un attimo, però, non guardiamo lui, che come dicevamo se la cava benissimo, guardiamo il mondo che gli sta intorno, gli altri, i normali, cerchiamo di capire come reagiscono all’intruso. Lui rompe ogni schema, tratta i vip con non curanza come se fossero aborigeni di un altro paese, tratta le prostitute come delle signore degne di rispetto e malmena il protettore perché “disturbava”, ridicolizza il ricco cocainomane sostituendogli la sniffata con i suffumigi alla coca. La verità è che mentre tutto questo accade, sembra che nessuno se ne accorga o che se ne renda conto. Questa diversità, che non può essere repressa perché artigliata, viene imbozzolata in una tranquilla non curanza, una generale disattenzione.

Vediamo in ciò che accade una qualche somiglianza con la realtà che affronta, nella nostra società la diversità propriamente detta? quella dei gay? delle coppie omosessuali? degli extracomunitari e della gente di colore? ecc. La differenza sostanziale è che l’una è una diversità con gli artigli, l’altra è una diversità fragile spesso indifesa. Il cacciatore di coccodrilli si muove in un mondo, che quasi lo ignora, con disinvoltura, i suoi ostacoli sono muri di carta che lui sfonda con facilità; l’altra diversità si muove a fatica in un mondo che non la ignora ma la reprime, gli ostacoli sono muri di cemento e non si attraversano.

Il senso è questo: la società borghese si difende dalla diversità in entrambi i casi, ma con modalità diverse. Nel primo caso la ignora, la imbozzola; puoi sfondare tutti i muri che vuoi, ma se sono di carta non farai alcun rumore e finché resterai una minoranza non costituirai un pericolo. In fondo un fatto è un fatto solo se portato alla conoscenza, altrimenti non esiste. Se tu rubi a casa mia e io faccio finta di nulla e non lo dico a nessuno, tu non hai rubato. Puoi fare tutti i percorsi che vuoi in questo territorio di normalità, ma se, per tacita convenzione, tutti ti prenderanno sullo scherzo, penseranno all’inverosimile o meglio ti ignoreranno, tu non esisterai, sarai solo con te stesso, I tuoi artigli serviranno solo a te e alla tua persona, ma non risolveranno mai il problema vero, quello dell’accettazione da parte degli altri.

Nel secondo caso la società borghese la diversità la reprime, perché fragile, se lo può permettere. Gli ostacoli sono quasi insuperabili e coloro che riusciranno a passare saranno sempre pochissimi e finché saranno una minoranza non costituiranno alcun pericolo. E’ sufficiente fingere comprensione e limitarsi a definire inosservati canoni etici per i “normali” per mettere a posto una parvenza di democrazia e di rispetto, che l’appartenenza al genere umano ci impone. Il risultato sarà comunque la sostanziale non accettazione. Resta infine da considerare che la diversità del cacciatore di coccodrilli, nonostante il lieto fine (un po’ forzato) del film, sarà penalizzata con l’incomprensione, la solitudine e, alla lunga, con l’omologazione, mentre la diversità dei più deboli, quella vera e che conosciamo bene nelle nostre città, sarà penalizzata dalla sofferenza e dall’umiliazione.

Un paese civile sarà quello che avrà compreso e interiorizzato il concetto che la diversità non è un pericolo ma un valore e l’accettazione delle diversità darà solo benefici perché consentirà, oltre ad esprimere la nostra umanità, di disporre di talenti che altrimenti non vedremmo mai. Il talento, una parola che significa: dote, speciale propensione, capacità in un’attività o in un settore, attitudine, ingegno, genialità. Il talento non è solo quello espresso nelle arti o nelle scienze, ma è anche quello del saper vivere, di saper comprendere gli altri, di dare attenzione e avere empatia, di sentire il bisogno di essere solidali. Il talento è anche quello di coloro, considerati diversi, di vivere e affrontare una società che spesso ottusamente ostile li emargina.

(m.v.)

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