La famiglia e l’interesse pubblico messi all’angolo e vissuti come “costo”

Perché non farne un’opportunità di guadagno?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo di Matteo Bonanni, che sul tema ha lavorato anche per la sua tesi di laurea. Buona lettura!

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Se c’è una cosa che si è sicuri di udire quando si parla di politica e di economia è che “c’è crisi” e che non è più come una volta… ed essendo tutti convinti di ciò, ci si ferma a guardare i propri problemi che sommati son tanti, ma non son pubblici, perché in realtà la crisi più grande è pubblica, della cosa pubblica, che non è la somma delle crisi individuali ma la loro sintesi. Ovviamente questa frase provocatoria potrebbe veder sostituirsi la parola crisi con interessi ed assumere un’altra dimensione del medesimo tema.

La risorsa fondamentale, quella più a disagio, specialmente dopo il periodo acuto della pandemia, al contrario di come affermò al suo inizio Franco Ferrarotti (sperando però che nel lungo termine possa avere ragione), elemento e base dell’interesse pubblico e dello stato che lo contiene, è la famiglia, che da anni subisce la mancanza di attenzione e la non curanza delle istituzioni e del cittadino che non la considera come una risorsa comune e fondamentale per il benessere individuale e collettivo, ma una scelta che va in parte sostenuta poiché libera e volontaria.

Questo cittadino e lo stato di cui fa parte non ha capito che siamo, in Italia in particolare, ma in tutto l’occidente industrializzato, al di sotto della soglia di sostituzione (2,1 figli per donna), stiamo correndo un notevole pericolo.

Il dato è fondamentale da un punto di vista sociale, economico, politico, urbano e molto altro ancora e subisce l’influenza di un paradigma che lo considera, probabilmente, se elevato, economicamente sconveniente.

Un figlio nella società individualista è considerato solo un costo.

In realtà non è così, potrà sembrare paradossale, ma del figlio del vicino, ne gioviamo tutti.

Avere un figlio vuol dire essere partecipi del futuro e protagonisti per il benessere di tutti e garantire a mettere al mondo, al netto degli aspetti affettivi, futuri contribuenti e futuri professionisti. Ciò è possibile però, solamente con il sostegno delle istituzioni e con la volontà dell’individuo.

Assumendo come fondamentale che la spesa pubblica sia ripensata e che lo stato diventi “un po’ più imprenditore” sulla linea delle idee di Mariana Mazzucato e che questa venga usata secondo le idee di Hemerijck di Social Investment Welfare State, perché e in che modo da un numero elevato di bambini potrebbe scaturire un guadagno in tutte quelle dimensioni sopracitate e considerate critiche?

Un paese con un maggior numero di bambini rispetto agli anziani si garantisce un futuro e insieme con esso fa un investimento, non importa se essi siano autoctoni o immigrati, l’importante è che abbiano il sostegno, loro e le famiglie, per creare benessere per se stessi e i concittadini, un paese giovane garantisce dinamicità e apprendimento veloce, in sintesi, per la società un guadagno. Dal punto di vista economico, se sostenuta la spesa, un bambino è un futuro contribuente, un numero minore di contribuenti rispetto ai pensionati è un indicatore non trascurabile di un’ampia fetta di spesa pubblica passiva. Alle condizioni di oggi ci poniamo il “problema pensioni” poiché osserviamo solamente l’età lavorativa e non il numero dei lavoratori futuri.

Dal punto di vista urbano, senza entrare troppo nel merito della discussione ci limitiamo a richiamare l’attenzione sull’utilizzo degli spazi e di servizi.

La tensione che si vive continuamente è quella di un mondo che essendo sempre più individualista punta a vendere beni e servizi per il singolo con poca attenzione e poche agevolazioni per le famiglie. Le città non sembrano affatto un luogo per famiglie, tantopiù numerose, la domanda che rimane aperta è quindi, quale è un luogo per famiglie? perlomeno in Italia.

Non è possibile senza lo stato, senza servizi e senza Welfare State un miglioramentoLe soluzioni di mercato hanno dimostrato proprio in questo 2020 di essere inefficienti e di dipendere dal pubblico, da troppo tempo considerato uno spreco. Ovvio è che alla famiglia e al futuro servono strutture e sovrastrutture in grado di formarla ed impedire negative derive: educazione, servizi all’infanzia, politiche attive e molto altro che possono considerarsi investimento per il futuro. Il problema non è quindi la spesa pubblica in sé ma la qualità di essa poiché se considerata investimento può produrre delle esternalità positive fondamentali.

In Italia, un primo passo verso l’interesse pubblico nel campo delle politiche per la famiglia è stato fatto, fornendo una soluzione chiamata “family act” che sarà successiva all’Assegno unico familiare, una sintesi di sette bonus. È proprio questo quello di cui abbiamo bisogno, una base di sostegno al reddito con politiche passive, per oggi, e un investimento mediante politiche attive e servizi per domani, impegnandoci al massimo per renderlo migliore.

(Matteo Bonanni)

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