PER BAMBINI
Certe scene pensiamo di vederle o averle viste solo in televisione in qualche servizio dedicato alle aree povere del pianeta, le baraccopoli, i ghetti degli ultimi, dove la povertà annebbia i sensi ed addormenta la dignità e la fame toglie qualunque voglia di reagire, non penseremmo mai di vederle sotto casa.
Ecco invece, che un pomeriggio di metà settembre, attraversando Parco Albani, in VIII municipio, tra via Attilio Ambrosini, via delle Accademie e via Accademia Peloritana, un parco che pare invece sia considerato giardino, anche questi insondabili misteri della burocrazia (che come risultato finale portano soltanto a non capire chi deve fare che cosa) avvicinandomi all’area giochi per bambini assisto ad una scena che mai avrei pensato si potesse materializzare davanti ai miei occhi, rappresentazione plastica, anche questa, come tante altre, di come siano ridotti i nostri territori dopo quattro anni di amministrazione Raggi.
I contenitori strabordanti di rifiuti: bottiglie di plastica e di vetro, lattine, piatti, bicchieri e contenitori di plastica, cartoni e buste di carta e di plastica, tovaglioli, fazzoletti, qualche mascherina, residui di cibo in vaschette di alluminio. Questo più o meno il visibile fuori, dentro, non ci è dato sapere. I rifiuti migrati fuori dai contenitori, sparsi intorno e sotto le panchine dove erano seduti, mamme, papà, nonni e nonne e intorno all’area giochi, circondata così dal sudiciume al limite dell’emergenza sanitaria.
Le persone sembravano per lo più rassegnate alla situazione, una mamma quasi si giustificava dicendo che non aveva avuto tempo, che voleva pulire e magari il giorno dopo l’avrebbe fatto perché “qui ci vengono i bambini”, dall’altalena una bambina rassicurava con convinzione un amichetto che il giorno dopo avrebbe raccolto tutte le bottiglie, qualcuno si chiedeva a chi ci si dovesse rivolgere, telefonare, scrivere… “un esposto” diceva un signore “ecco ci vorrebbe un esposto, ma a chi?”. Eppure erano lì con i bambini in un’area giochi sporca, circondata dai rifiuti, con i tappeti consumati dove invece del prato, c’è terra sudicia e polverosa ed i bambini ormai forse abituati a questo, neppure se ne accorgono più e giocano e raccolgono le pigne come si è sempre fatto nei parchi.
I territori che si desertificano perché sempre più negozi di prossimità chiudono e non chiudono solo a causa del Covid e della crisi preesistente ma anche perché si preferisce acquistare on-line e nei centri commerciali dimenticando che i negozi di quartiere costituiscono l’intelaiatura dei territori e che oltre ad offrire servizi, creano posti di lavoro. Una intelaiatura sulla quale si tessono i rapporti sociali, e che un territorio è vivo se le persone escono di casa e si incontrano, e questo accade se ci sono negozi, bar, ristoranti, librerie. E se le persone escono di casa e si incontrano, un territorio è più sicuro. Ebbene, le persone escono anche per andare nei parchi, per godere del fresco, per stare in mezzo alla natura, per leggere su una panchina, i ragazzi e le ragazze per incontrarsi, gli anziani per stare in compagnia e sentirsi meno soli, i bambini e le bambine per giocare all’aperto.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che fu approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989, ratificata in Italia nel 1991, ha come riferimenti fondamentali, tra gli altri, il principio di non discriminazione, il superiore interesse del bambino, e poi ascolto, tutela, protezione.
Ora qui, più semplicemente, si puliscano e si curino i parchi! Non devono essere i cittadini, in un labirinto infinito di telefonate, a preoccuparsi di capire chi deve pulire, svuotare i cestini, tagliare il prato, potare, rimuovere i tronchi degli alberi che pericolosamente si sono abbattuti, e per fortuna quel giorno lì non c’erano bambini a giocare, non devono continuamente chiedersi in questo garbuglio burocratico, se deve farlo il servizio giardini del Comune, il servizio giardini del Municipio, l’Ama, Roma Capitale o il supermercato che, in virtù di una convenzione ormai fantasma, per poter aprire, otteneva lo sbancamento di una fascia di parco con relativo abbattimento di alberi e se ne assumeva l’onere della cura.
Le persone tutte hanno diritto di godere dei parchi, di parchi puliti e curati ed i bambini in particolare, di correre, saltare e giocare all’aria aperta e continuare a chiedere al gruppetto di coetanei, superando la timidezza, affrontando la prima prova, la prima esperienza di socializzazione della vita: “Mi fate giocare con voi?”.
(mcp)