Italia Viva c’è
Apriamo anche su #LottangoloBlog, con l’intervento di oggi di Umberto Mosso, la riflessione dopo voto. Ringraziamo Umberto per il suo intervento. Prezioso.
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CHE OCCHI HA, OGGI, IL FUTURO?
L’analisi del voto referendario proposta da diversi istituti di ricerca, dal Cattaneo all’Ipsos, conferma la mia convinzione che in quel risultato ci siano indicazioni che aiutano a capire le motivazioni culturali, economiche e sociali delle scelte politiche più generali degli italiani, quelle oltre il quesito referendario stesso.Che cosa c’è dentro a quei Sì e a quei No, da chi arrivano e perché? Interpretare la provenienza socioeconomica di quel voto, chiarisce meglio il senso politico dello stesso voto regionale. D’altro canto l’occasione di mettere in relazione l’esito di un sondaggio di massa su un grande tema riguardante il valore della democrazia rappresentativa, con l’espressione simultanea di un voto sui partiti, è del tutto nuova e forse irripetibile.Salto tantissime considerazioni, compresa la prevista maggiore affluenza al referendum registrata nelle regioni al voto amministrativo, comunque ininfluente trattandosi di un incremento medio del 5,6%.Il profilo socioeconomico dei due elettorati e il raffronto con i profili del precedente referendum costituzionale è illuminante rispetto a due punti che, mi scuso, sintetizzerò schematicamente.Il primo è che, seppure non totalmente, ma in larga misura, la partita del 2020 è stata giocata dall’elettorato sostanzialmente a parti invertite. La maggior parte di chi votò Sì nel 2016 ha votato NO quest’anno e viceversa.La seconda e che NO e Sì, anche in questo caso con eccezioni, ma in larga misura, si distribuiscono per appartenenza socioeconomica e territoriale in modo assai netto, e questa distribuzione si riproduce nel voto più direttamente partitico delle regionali, dando vita a definizioni giornalistiche come il partito delle ZTL, per la sinistra e quello delle periferie per la destra. Definizioni empiriche, che trovano comunque un fondamento considerando i profili. Gli elettori del Sì hanno tra i 35 e i 49 anni, in prevalenza titolo di scuola media o nessuno, sono operai, casalinghe o impiegati che si informano prevalentemente dalla TV o niente; quelli del NO sono prevalentemente delle classi di età precedente o seguente (non credono nel conflitto generazionale?) con una maggioranza assoluta tra gli studenti (51,6%) e i laureati (40,6%) i tecnici specializzati e i dirigenti, si informano su carta stampata ed internet. Il NO è andato meglio al centro nord e nei centri urbani e decresce nel centro sud, nelle periferie e nei centri minori. I più “fedeli” all’indicazione favorevole al Sì sono stati gli elettori del M5S e quelli di Lega e FdI, mentre Il 25% dell’elettorato del PD non ha seguito l’indicazione del partito e un altro 25% si è astenuto.Queste tipologie si riproducono nel voto alle regionali, dando vita a letture diverse. Il NO e i progressisti sono espressione di una classe dirigente autoreferenziale e arroccata a difesa dei suoi privilegi, oppure i Si sono il frutto di un populismo e di una antipolitica martellante da anni, che fa proseliti fomentando le paure di una piccola borghesia insicura anche sul piano economico, ma che dal punto di vista della traduzione politica comincia a dare segni di cedimento considerando il voto delle giovani generazioni? Una nota significativa è che i due “target” socioeconomici e geografici riproducono i fronti contrapposti Sì Brexit, NO Brexit. Approfondirò in seguito.Questi dati, pressoché unanimi da parte degli analisti, mi confermano nell’idea che il futuro migliore venga anche a partire da un rapporto politico da aprire e consolidare con quel 30% di NO. Acquisire il consenso politico della maggior parte di quei votanti può spostare anche una parte consistente di chi ha votato Sì per trascinamento da indicazione, sbagliata, di partito. Per questo la partita è aperta. Più di ieri. E Italia Viva c’è.
(Umberto Mosso)
