ROMA 2020 – TAVOLO 7 – “IDEE PER UNA NUOVA URBANIZZAZIONE DELLA CITTA”
IL PERCORSO PER LA ROMA DEL 2031
Pubblichiamo di seguito la QUARTA ED ULTIMA di quattro puntate del documento guida dei lavori del Tavolo 7,”idee per una nuova urbanizzazione della città” in preparazione della Leopolda Romana.
I lavori hanno identificato sei punti chiave su cui concentrare l’attenzione, per costruire la città del futuro:
1. La necessità che Roma assuma un senso non solo per i suoi cittadini, ma per la compagine politica che la frequenta e la dirige: ovvero costruire il senso della “Capitalità;
2. L’attenzione all’esigenza di presentarsi alle elezioni romane non con promesse, ma con un metodo per costruire politiche appropriate ed efficaci.
3. La definizione di un nuovo possibile approccio alla città, per rendere i vari Municipi più vicini alle istanze dei cittadini e più vivibili, in tutti gli aspetti. ” La città morbida”
4. L’individuazione dei settori che, assieme alle funzioni rafforzate proprie della Capitale, possano costruire una nuova economia di base, associandovi alcuni progetti di punta da rivedere e completare. Un possibile “piano shock” per Roma.
5. L’identificazione dei cambiamenti di stile necessari per costruire un partenariato pubblico e privato soddisfacente. “Lo scambio leale”.
6. L’enucleazione dei primi passi di un percorso politico di IV che vede gli attori delle trasformazioni e della politica confrontarsi alla pari, attorno a un tavolo “Roma 2020”, in occasione della “Leopolda Romana”
5. ROMA, DA PRINCIPATI A PARTENARIATI: UNO SCAMBIO LEALE PUBBLICO PRIVATO
Assieme alle questioni istituzionali, al benessere nei Municipi, al sostegno per le iniziative di sviluppo, è assolutamente necessario governare i rapporti con gli operatori economici e dei servizi presenti, costruendo un sistema di convenienze che si sovrapponga perfettamente alla prospettiva politica di IV per Roma. Anche questa ricerca di alleanze deve ricadere sui nostri paladini in Parlamento, nonché sul coordinamento Romano.
Considerazioni di carattere generale.
“La prima: Roma non è un Ente Locale, ma una città Stato.
La seconda: oggi Roma non “è Capitale”, ma è costretta a “fare la Capitale” senza avere le condizioni e gli strumenti per esserlo. Un solo esempio, tra mille. Gran parte del territorio comunale, fermandoci a quello, non è che formalmente sotto il controllo del Comune. Più che in qualunque altra città italiana, a Roma si concentrano i patrimoni immobiliari di Istituzioni, Enti, Imprese di Stato che sono gestiti secondo logiche e piani che sfuggono a qualsiasi rapporto con gli effetti delle loro trasformazioni nel contesto urbano. Non si tratta di abusi e tutto viene fatto nel rispetto del Piano Regolatore e degli standard di legge. Spesso addirittura attraverso convenzioni col Comune stesso, che, tuttavia, sanciscono soprattutto il “peso” di un vero o presunto interesse sovraordinato a quello comunale. I perimetri delle proprietà di questo coacervo di Stato, Parastato e sottostato, balcanizzano il territorio comunale in tanti “Principati”, ciascuno dei quali ha una sua politica di sviluppo, immobiliare oltre che caratteristici, con obiettivi “aziendali” indipendenti tra loro, poco o per niente coordinati anche a livello statale. Soprattutto non integrati, o almeno coordinati, con quelli di un disegno complessivo di governo della città. Che, d’altro canto, manca da decenni. Quanto questo disegno manca per incapacità dei gruppi dirigenti politici e amministrativi romani, che pure c’è stata e c’è in modo evidente? Oppure quanto su questa incapacità sono stati in grado di agire i “Principati”, coacervo di Stato, creando subalternità ai propri obiettivi da parte di quella classe politica senza Visione, idee innovative e, per questo, anche sospettosa delle competenze?” (da un post di Umberto Mosso)
Questa perfetta diagnosi obbliga IV a dare un segno politico davvero riformista di visione e di innovazione politica, per disincrostare questa condizione occulta di sudditanza.
E’ evidente che vada costruito un patto, rifondando il rapporto pubblico privato su basi nuove e, non dimentichiamolo, su una condivisione o almeno su una corretta consapevolezza da parte della popolazione.
IV deve offrire un’immagine di affidabilità politica e di chiarezza di opzioni sulla città che renda disponibili imprese e servizi a condividere un percorso, sul cui sfondo sono chiare le convenienze. Le attività devono essere attratte da uno “scambio leale” di vantaggi economici e benefici collettivi.
I benefici collettivi sono ormai chiariti da IV nel percorso di identificazione della “città morbida” e non sono affatto la litania del giardinetto e della scuolina (a volte purtroppo ancora indispensabili), ma sono un nuovo modo di articolare i benefici pubblici della prestazione dei servizi, della continuità del verde e degli spazi aperti, della mobilità locale, dell’accesso alla città, dei luoghi di identità, delle attrezzature pubbliche organizzate in luoghi di socialità, di una visione espansa di rigenerazione e housing.
Esattamente questa fluidità della vita quotidiana offre vantaggi sociali, ma anche efficienza e un milieu favorevole per la conclusione di progetti per lo sviluppo imprenditoriale. Progetti da selezionare e rivisitare tra i diecimila sfornati in venti anni, a volte gravemente incompiuti, a volte snaturati nel tempo, a volte assoggettati a procedure sbagliate che li hanno incagliati o deviati su trattative inconcludenti, spesso oggetto di false narrazioni e non di informazione, possono essere felicemente completati.
Ma alla base di tutto c’è e deve esserci uno “scambio leale” per cui le imprese mettono sul tavolo le convenienze vere e, con IV, si trova apertamente un nuovo equilibrio rispetto al vecchio progetto, definitivamente incagliato, per un rilancio verso la nuova Capitale, e verso i vantaggi privati derivanti da avere intorno una città fluente ed efficiente, rinata con i criteri della “città morbida”.
Soprattutto la politica di IV dovrà affermare con forza la sua immagine di soggetto programmatore e regolatore dei reciproci interessi, deve avere chiarissimo chi vuole, cosa vuole, quali leve usare per trovare un equilibrio, quali benefici collettivi sono sostenibili e possono riversare utilità aggiuntive sul progetto privato, deve saper trattare i singoli progetti avendo a mente un percorso e una strategia complessiva di soggetti e oggetti che si muovono nella città. L’esempio indagato di Milano e della differenza tra progetti a guida politica proattiva dell’Amministrazione come Citylife e non a guida economica delle Aziende come a stazione Tiburtina è un paradigma chiarissimo.
6. IL PERCORSO DELLA POLITICA URBANA PER ROMA.
Si riesce, così, a passare dai principati ai partenariati, e ai voti.
Poiché tutto lo scenario descritto non avviene senza i voti, che danno a Italia Viva il potere per entrare in scena da soggetto attivo, è necessario un tavolo di avvio o comunque di prima tessitura degli scenari possibili, ravvisabile nella iniziativa “Roma 2020” soprannominata “Leopolda Romana” da tenersi a ottobre.
In quella sede, dovranno già essere impostate le questioni della “crescita per Roma” ossia le attività di base per il rilancio della città ed i progetti che le rendono più radicate, e intrecciate le relazioni con gli attori dello sviluppo, per passare da principati a partenariati. Sarà la prima palestra dove le relazioni di convenienza fino a quel momento intessute verranno rese pubbliche e condivise con tutti, in un disegno collettivo. E quindi indispensabile fin d’ora aprire un dialogo con le forze economiche romane e averle presenti ai tavoli di Roma 2020, per capire e costruire possibili prospettive. Altrimenti sarà la solita liturgia politica tra pochi intimi.
Italia Viva costruisce così una politica urbana per Roma che, con i criteri della “città morbida” e dello “scambio leale”, ha un centro e due processi tra loro connessi: quello della qualità insediativa di quartieri integrati e dello scorrere della vita quotidiana, e quello dei progetti urbani per il nuovo sviluppo della città. Sono due reti di relazioni di interessi, di aspirazioni di comportamenti che si sostengono reciprocamente e si connettono in alcuni luoghi speciali.
Italia Viva ritiene che questo sia il percorso per ricostruire una visione collettiva e condivisa per Roma, ormai abbandonata da tempo con l’attestamento dell’attenzione sui bisogni minimi.
Italia Viva ritiene che questa costruzione verso l’Agenda urbana per Roma sia indispensabile per rifondare la coesione della città su una sostanza valoriale: i valori non sono astratti, ma guidano le azioni e hanno ricadute economiche e sociali concrete.
Solo così potremo avviare una ripresa effettiva di prospettiva e di riconfigurazione condivisa del profilo della città e, partendo dal principio dell’identificazione e rispetto della forma urbana primaria, delinearne i tratti programmatici e del futuro.