e c’era anche la satira
E’ da pochissimo tempo che Alfredo Cerruti ci ha lasciato. A molti, forse, questo nome non dirà nulla. Eppure Cerruti è stato uno dei più grandi talent scout del mondo discografico (oltre che autore di canzoni e programmi televisivi). Uno dei “boss” della Ricordi quando i dischi generavano un fatturato importante. Un personaggio fuori dagli schemi. Soprattutto ironico, autoironico e scanzonato. Renzo Arbore (suo amico da sempre, insieme idearono “Indietro tutta”) l’ha ricordato in modo toccante. Grande “latin lover”, riempì per alcuni anni i rotocalchi a causa della sua relazione con Mina. Rarissime le sue interviste. Vi consiglio di leggere l’ultima rilasciata a Malcom Pagani, nel 2014, e pubblicata sul “Fatto quotidiano”.
Insomma quasi un fantasma. Come il gruppo di cui aveva fatto parte … gli Squallor.
Quattro amici, professionisti impeccabili e bravissimi nel loro lavoro, quasi per gioco decisero di incidere un disco per puro divertimento. Proprio loro che, ogni giorno, erano impegnati con i cantanti italiani più famosi dell’epoca. “Dopo una riunione con I Pooh, riunirmi con gli amici e dissacrare rappresentava un’esigenza”, racconta lo stesso Cerruti. Nacque così il primo 45 giri, il famoso “38 luglio” inciso nel 1969. Compagni d’avventura di Cerruti furono Totò Savio, Daniele Pace e Giancarlo Bigazzi. Tutti autori dei più famosi brani italiani dalla metà degli anni sessanta sino ai primi anni ottanta. Il successo fu quasi immediato e inaspettato. Senza nessun tipo di pubblicità, passaggio radiofonico o televisivo (a causa della censura) la satira greve del gruppo s’impose con il semplice passaparola. Chi ha superato ampiamente i cinquant’anni, ricorda sicuramente l’ascolto semiclandestino tra amici di quei dischi “mitici” dai titoli ambigui. “Vacca”, “Palle, “Tromba”, “Mutando”. Solo per citarne qualcuno.
Parliamo di una satira incisiva e mordace che andava a colpire personaggi politici, la chiesa e tutti i falsi moralismi allora imperanti in Italia. Bisogna, infatti, calare i brani degli Squallor negli anni in cui furono scritti. La satira vera, l’invettiva sferzante, ormai è un mero ricordo. Nel nostro belpaese si è tornati indietro. I comici si limitano a una facile ironia sui nostri costumi o sulla politica senza colpire con forza, tutti allineati al “politicamente corretto”. Errore che la satira non dovrebbe mai commettere ed esprimersi libera. Libera, anche, di essere scorretta e volgare. In quel momento storico non era semplice parlare esplicitamente di prelati o politici omosessuali (facendo nomi e cognomi!), prendere in giro i cantautori “impegnati”, bacchettare stilisti, giornalisti e famosi sportivi. Eppure gli Squallor lo fecero, rischiando querele (e tante ne ebbero) e processi.
Con gli anni, con il successo commerciale e con il cambiare dei tempi la forza satirica venne meno, soppiantata da un’eccessiva volgarità gratuita, pur rimanendo i loro lavori divertenti. Furono addirittura prodotti due film, assolutamente demenziali, con loro stessi protagonisti. Purtroppo la precoce dipartita di Daniele Pace (1985) e le gravi malattie di Savio e Bigazzi portarono allo scioglimento del gruppo.
Con la morte di Cerruti termina per sempre una storia particolare che tanto ha influenzato il costume in Italia. L’aneddotica legata al gruppo è infinita. Per conoscere tutti i particolari, diversi dei quali vi sorprenderanno, consiglio la visione del pluripremiato documentario “Gli Squallor” di Michele Rossi e Carla Rinaldi.
Citando il titolo di un loro brano, “Raccontala giusta Alfredo”, ora che hai raggiunto gli amici di una vita e compagni d’avventura posso dire che, dovunque siate, sicuramente non mancherà il divertimento.
(Marco Petrucci)