Intervista a Carmelo Musumeci per la sezione I diritti all’angolo
Prosegue anche oggi l’impegno de LottangoloBlog per una riflessione politica sulla dignità dei detenuti e un pensiero sull’abilitazione al cambiamento nei sistemi carcerari. A seguire un articolo e una video intervista che Nerina Garofalo ha proposto a Carmelo Musumeci, condannato all’ergastolo ostativo.
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Nell’agosto del 2018, il Tribunale di Sorveglianza di Perugia concedeva, con provvedimento straordinario, a Carmelo Musumeci, la libertà condizionata. Carmelo era stato condannato nel 1991 all’ergastolo per reati di criminalità organizzata.
Avvicinandomi alla storia di Carmelo attraverso i suoi libri, e attraverso la comune vicinanza in rete alla musicista Alessandra Celletti, sono partita dalle parole per ri-scoprire il senso delle parole. Una di queste, aggettivata con i caratteri dell’impossibilità, è la parola ergastolo. Per l’esattezza, nel caso della storia di Carmelo, ergastolo ostativo.
Credo di aver ragionato, nella mia vita, sulla parola ergastolo, per la prima volta, intorno ai 15 anni. Vivevo a Cosenza, era l’inizio degli anni 80, e frequentavo ogni tanto una piccola libreria musicale di ispirazione anarchica che si chiamava “Il seme”. Era un luogo di parole nascoste e suoni rivelati. Limitrofa a una piazza che si chiamava e si chiama Piazza Loreto. Comprai lì, un paio di volte, una rivista, che in un numero speciale parlava dell’orrore della vita carceraria (era la testata Senza Patria, o così mi pare dopo tanti anni).
Cresciuta io in ambiente cattolico prima e di sinistra cattolica poi, non potevo che essere indignata, ferita e “definita” dall’incontro con una delle storture principali del nostro ordinamento democratico: una insufficientemente pensata istituzione carceraria.
Mi parve subito, per come la “vedevo” dalle parole di denuncia, spesso contraria a ogni diritto della persona. Di qualsiasi persona. Perché le persone, al di là delle storie individuali, sono tutte innanzi tutto tali. Ricordo come drammatico l’esito del Referendum proposto dal Partito Radicale nel 1981 per l’abrogazione dell’ergastolo, perso, ahimè, con una percentuale da paese antidemocratico e vendicativo.
L’ergastolo, come descrive Carmelo nei suoi libri, è una condizione disumana di perdita dell’orizzonte del futuro, e l’ergastolo ostativo (ostativo a varie forme di beneficio per buona condotta, ad esempio) lo è più che mai.
La dicitura che chiude le sentenze del “fine pena mai”, uscita al 31 dicembre 99999, arriva come una ferita ulteriore sul corpo della democrazia, che nell’articolo 27 della nostra Costituzione fonda l’equità sociale sulla capacità di esercizio del cambiamento.
Non mi piace la parola rieducazione, perché costrittiva e forse solo formale. Preferisco pensare a una abilitazione al cambiamento, perché pensiamo ad esseri umani e ad organismi sociali.
Carmelo Musumeci ha una storia, come ogni persona. Vive esperienze per molti di noi persino impensabili. Ma è capace di qualcosa di decisivo: il desiderio di capire e capirsi, di apprendere ad apprendere per darsi un orizzonte, che non sia quello inaccettabile e brutale del fine pena mai.
Costruisce una apertura che è capace di dargli strumenti, e voce, e capacità di combattere e sperare, e prima o poi, di vincere, con tutti noi democratici, una battaglia fondamentale, quella dell’umanità del trattamento carcerario e soprattutto della ricostruzione di un fine “abilitativo” della detenzione. Una abilitazione al pensiero su di sé e sulla convivenza sociale.
Lo fa, Carmelo, dalla scomodissima posizione dei reati di criminalità organizzata, ai quali è concessa gravemente, nelle fiction televisive, l’aura “romantica” della dannazione, e per i quali invece non viene proposta una pena che abbia la speranza di una restituzione al sentimento della convivenza sociale. Lo fa dalla sua posizione di così definito “boss della Versilia”, con un passato davvero difficile da tenere fra le dita. E lo fa, Carmelo, con lucidità e onestà.
Benché arrivato alla detenzione con la sola quinta elementare, progetta un futuro possibile a partire dalla sua condizione di condannato all’ergastolo ostativo, prendendo in carcere tre lauree. Cura gli studi di filosofia nel più recente dei percorsi di studi universitari. E scrive, scrive, scrive. Incontra persone che ne “leggono” la proposta e la denuncia con attenzione al valore primo del pensiero sia democratico che, in alcuni casi, cristiano. La vita di Carmelo è attraversata dalle parole di Don Benzi, attraverso l’incontro con Nadia Bizzoto.
Scrive libri che meriterebbero editori maggiori, incontra persone e si confronta con realtà che nel mondo politico e civile, e persino nel mondo giudiziario, che sono capaci di riflettere sulle parole della democrazia (prima che della fede): le parole perdono, speranza, abilitazione al cambiamento, dignità e diritto. E futuro.
Alla radice dei suoi libri, il rispetto per la verità di ciò che narra di sé o dei suoi compagni di esperienza carceraria. Parla senza retorica, senza buonismi, senza indulgenza, di ciò che il carcere e la vita hanno portato nella vita di Carmelo e in tante altre, sì connotate dal “delitto”, ma non per questo condannabili a una dannazione eterna e irreversibile.
Una lunga intervista lo vede parlare nel 2019, per il programma Le Iene, della sua vita e delle sue battaglie. Non c’è traccia di captatio benevolentiae nei suoi romanzi né nei suoi diari. “Il buono e il cattivo” ha una ben certa costruzione narrativa, e le sue pagine, in tutti i suoi scritti, sono abitate da aforismi che è difficile non considerare: evidenti, precisissime incisioni nella nostra mente del dovere che abbiamo di riflettere sul diritto di restare sempre umani e sul dovere di lavorare per l’umanità della pena.
Lascio alla voce di Carmelo Musumeci, che mi ha con cortesia concesso questa intervista, il racconto di questa difficile battaglia, che vuol essere uno dei nostri Racconti di Natale a sostegno della costruzione e del mantenimento della democrazia.
(NG)
Per chi volesse approfondire e conoscere i libri e la storia di impegno di Carmelo, sotto alcuni link:

Articolo e intervista su “Il Dubbio“