Tradizione e modernità, una lettura di Matteo Bonanni
Il mondo contemporaneo soffre della costante tensione illuministica che contrappone la tradizione alla modernità.
Esse non si escludono, convivono una nell’altra e segnano lo storico passaggio democratico verso il cosmopolitismo.
Riflettendo, si pongono in maniera sequenziale gli usi e i costumi, ponendoli antecedenti ai valori del cambiamento tecnologico, scientifico ed economico.
Si rischia di incorrere qui in un grave errore.
Questi non segnano il susseguirsi di eventi secondo una linea storica positivista che porta al compimento in una determinata e univoca società, ma sanciscono l’esistenza di molteplici società che seguono sviluppi differenti, affiancando codici, simboli e valori considerabili un artificio necessario.
L’errore è quello di confondere il concetto di modernità con quello di sviluppo o addirittura di associarlo al concetto di ”migliore”.
Un qualunquismo al contrario.
Non è il tempo che sancisce cosa esiste e cosa no, è l’azione dell’uomo, esso scorre nell’eterno divenire delle cose, definisce un prima e un dopo, non un migliore e un peggiore.
Non è tutto oro quello che luccica.
Questo per dire che, la tradizione, spesso e volentieri combattuta e considerata un retaggio del passato, associato alle volte a culture che facevano del magico la religione, è in realtà un artefatto, un prodotto dell’azione dell’uomo che si consolida e si tramanda, dal latino, tradere.
Parliamo quindi di un’eredità che sempre nella visione romana sottende anche la difesa del bene acquisito.
Nel tempo le tradizioni sono cambiate e si sono modificate sotto l’influenza di forze culturali differenti, ma non sono mai scomparse.
Per questo, forse, oggi soffriamo le restrizioni che ci terranno compagnia durante il periodo natalizio.
Bisognerebbe iniziare una lunghissima trattazione su cos’è e cosa rappresenta il Natale, ma si rischierebbe di perdersi nei meandri della storia.
A noi interessa l’ultimo segmento di essa, quello che ci vede impossibilitati a fare quello che abbiamo sempre fatto, ”rispettare la tradizione”, ricordando che il natale non è solo questo, è anche un momento fondamentale per la fede del cristiano, che dà origine a molti dei simboli che costituiscono la tradizione più volte citata.
Qual’ è l’esperienza fondamentale da trarre da questo Natale 2020?
Il sacrificio, non lo stesso che chiede la politica.
Esso è lo sforzo del riuscire a vivere questo periodo ponendo sull’altare delle rinunce ciò che ha accompagnato il recente passato, le cene con i parenti, lo scambio dei regali (per chi per sua fortuna potrà permetterseli), le passeggiate in centro, il trenino di Capodanno e molto altro;
Questo sforzo accompagnato però dalla conoscenza dell’importanza dei valori e della cultura, con la consapevolezza inoltre che la tradizione non è calata dall’alto ma costituisce in sé una creazione umana.
Sarà l’anno del ” a Natale non puoi”, scherzando su un celebre spot televisivo, l’anno dello sforzo della modifica della tradizione.
Riconoscendo e tentando di comprendere che non tutti vivono il Natale allo stesso modo, utile sarebbe, riscoprire il reciproco aiuto per tentare di evadere da quell’ alone economico che circonda le nostre feste e mercifica le abitudini.
Vedete come, in un’epoca fortemente individualistica, dove un virus funge da catalizzatore dell’individualismo forzoso utile potrebbe essere il modificare la tradizione, riscoprendo vecchie forme ed individuandone di nuove.
Tutto ciò non si pone in contrapposizione a quella che consideriamo la modernità, ma anzi, contribuisce ad attribuire valore culturale aggiunto in un’epoca (contemporanea che chiamiamo moderna) che punta all’estrema razionalizzazione.
L’uomo, si badi bene, non è solo un consumatore o un elaboratore di dati e informazione, esso è composto anche di cultura, tradizione, valori e soprattutto, è composto di relazioni con l’altro, col simile e col diverso, per questo, il Natale 2020 dovrebbe essere un motivo di ricerca di nuove forme di rapporti, con sé, con alter, con il mondo e con la storia, l’inizio di nuove tradizioni, che non dimentichino e giudichino negativamente quelle passate.
Giddens, Anthony. Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita. Bologna: Il Mulino, 1999.
(Matteo Bonanni)
Ph by Nerina Garofalo (CC BY- NC-ND 2.5 IT)