Valeva la pena rivedere ieri sera in TV, Italia 1 Mediaset, il film commedia drammatica del 1994 Forrest Gump, che valse aTom Hanks l’Oscar come migliore attore protagonista, oltre altri cinque Oscar con cui fu premiato il capolavoro del regista Robert Zemeckis.
La vicenda si svolge tra gli anni ‘50 e ‘80 e racconta le vicende di Forrest Gump, un bambino con problemi fisici e mentali, che viene evitato e bullizzato da tutti, tranne da Jenny, una bambina di cui inevitabilmente si innamora. Il piccolo Forrest cammina con l’aiuto di protesi alle gambe, ma per scappare da tre compagni violenti e cattivi, incitato fortemente da Jenny, impara a correre senza le protesi. Correre sarà la sua vocazione tanto da diventare campione universitario di football.
Trent’anni di storia americana raccontata dal punto di vista di Forrest innocente ed ingenuo, le sue avventure, le sue passioni e i suoi sentimenti che si incrociano con i grandi avvenimenti di una nazione turbata dall’omicidio dei Kennedy e dalla guerra del Vietnam, descritti in modo emozionante e coinvolgente, tanto da lasciare nel cuore degli spettatori un ricordo indelebile.
Quello che piace di Forrest Gump, per cui la sua storia ci coinvolge emotivamente, è la speranza che infonde, un ottimismo senza limiti che stimola nel profondo a confidare nella vita, perché tutto dipende da noi, da quanto siamo convinti e determinati. Il protagonista, nonostante le difficoltà che incontra per via del suo deficit intellettivo e fisico, non smette mai di sperare e muoversi certo di riuscire a raggiungere i suoi obbiettivi. Spinto dall’affetto della madre e dall’amore che prova per la giovane Jenny, Forrest sfida la vita, eccellendo nello sport. Eroe di guerra in Vietnam guadagna stima, affetto e notorietà.
Innocente ma audace e caparbio, Forrest riesce a vincere, neutralizzando completamente la condizione di sconfitto con la quale sembra partire, mentre il mondo dei “normali” e dei “dotati”, compreso quello di Jenny, crolla inesorabilmente sotto i colpi della vita, che è lì ad attendere in ogni istante per premiare o punire, non per le dotazioni di nascita, ma per la capacità di affrontare le avversità con fiducia e determinazione.
Una pellicola opportunamente riproposta durante le feste natalizie come una bellissima favola di Natale, anche se la vicenda comunque è avvolta da un manto di tristezza, in un contesto dove i personaggi che sono a fianco del protagonista cadono a pezzi spesso distrutti da un destino malevolo.
Direi di prendere la storia di Forrest, in un momento così angosciante per la vita di tutti noi, come un augurio di uscirne con un felice esito perché in fondo dipende solo da noi, dai nostri comportamenti e dalla nostra determinazione. Dovremmo sentirci tutti dei Forrest, capaci, se pure menomati nella nostra quotidianità e intimoriti da un futuro incerto, di dare il meglio di noi stessi e confidare assolutamente nelle nostre risorse. Il nuovo anno sarà l’anno di Forrest, ne usciremo vincitori se sapremo “correre” come lui senza fermarci mai finché non avremo trovato il giusto approdo e la serenità.
Dopo aver sconfitto i pregiudizi nei suoi confronti ed aver superato i suoi limiti fisici, Forrest ottiene la medaglia per la quale ha lottato fin dall’inizio e può finalmente smettere di correre, diventando guida nella vita di qualcun altro, suo figlio. Così questa brutta esperienza che ci ha segnato ed impoverito potrà darci la consapevolezza dei nostri limiti e ci darà l’opportunità di essere anche noi guida di altri a venire perché non ripetano gli errori di un’epoca che ha guardato troppo a se stessa.
(MV 31 Dic, 2020)
