Avvicinandosi il giorno della memoria, ho voluto recensire un film di alcuni anni fa (2014) ingiustamente poco considerato dalla critica.
“Anita B.” è tratto da un romanzo di Edit Bruck e diretto dal grande Roberto Faenza. Come sempre, il regista, affronta argomenti importanti cercando storie particolari e poco conosciute. Nello specifico vengono narrate le vicende legate al popolo ebraico subito dopo la liberazione dai campi di sterminio. Al contrario di quanto si possa pensare, in diversi paesi (tra cui la Cecoslovacchia) non vennero accolti ma quasi ghettizzati di nuovo. Molti, infatti, trovarono il modo di emigrare clandestinamente in Israele tra mille difficoltà. La storia focalizza l’attenzione sulle drammatiche vicende legate alla protagonista, forse accentuando eccessivamente gli “affari di cuore”. Un peccato veniale considerando l’opera nella sua interezza. Bisogna sempre tener presente che un film è, in ogni caso, un prodotto commerciale. Da elogiare la stupenda fotografia di Arnaldo Catinari e le musiche di Paolo Buonvino, ma soprattutto l’incredibile prova recitativa di Eline Powell, quasi esordiente, divenuta in seguito famosissima grazie alla fortunata serie televisiva “Il trono di spade”. Giustamente ha ricevuto il premio come miglior attrice emergente al festival del cinema di Capri.
Vorrei soffermarmi sulla figura di Roberto Faenza. Di origine ebraica, ha affrontato nelle proprie opere non solo il tema del razzismo ma soprattutto quello della violenza in tutte le sue forme. Faenza non è solo un regista. Ha insegnato “Mass Communication” presso il Federal City College di Washington. Dal 1978 al 2004 è stato docente di Sociologia della comunicazione presso l’Università di Pisa. Dal 2005 è passato a insegnare cinematografia presso la Sapienza Università di Roma. Inoltre ha scritto numerosi saggi. Un uomo di cultura a tuttotondo. Però molto scomodo per l’establishment del mondo dello spettacolo. Sin dagli esordi ha sempre scelto, per i propri lungometraggi, temi delicati o storie controverse che poco concedono sotto il profilo della forma ma molto nella sostanza. Basti pensare a “Sostiene Pereira”, “Jona che visse nella balena”, al violento “Copkiller”, “Alla luce del sole” (sulla storia di padre Puglisi, ucciso dalla mafia) e a “La verità sta in cielo” sull’irrisolto caso della scomparsa di Emanuela Orlandi. Un regista molto apprezzato e considerato all’estero, meno nella nostra strana Italia. Una curiosità poco conosciuta che inquadra la personalità di Faenza. Gira nel 1977 un film di montaggio intitolato “Forza Italia!” (a volte il destino!) che è distribuito nel 1978 ma sequestrato dopo poco, su richiesta del Ministero dell’Interno, il giorno del sequestro Moro e censurato per oltre quindici anni. Particolare di non poco conto è il fatto che proprio Aldo Moro, nelle pagine scritte durante la sua prigionia, cita espressamente questo film come esempio della spregiudicatezza della classe politica italiana e, in particolare, della Democrazia Cristiana.
Ve ne consiglio assolutamente la visione tramite Youtube (non è mai stato distribuito) all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=0eNsWl4BJ_0 oltre a un’intervista, realizzata dall’ANAC, di Carlo Lizzani proprio a Roberto Faenza sulla pellicola in questione ( https://www.youtube.com/watch?v=ncyE4HJz27M ).
Ne scoprirete delle belle!
Come sempre, buon cinema a tutti!
(Marco Petrucci)