L’importanza della memoria

un contributo sociologico alla storia dell’uomo

«La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa» affermava Karl Marx in tempi non sospetti.

Questa frase per noi oggi e in questo giorno è ancora importante e ricca di significato; 
certo è, che quando la scrisse, la brutalità dell’olocausto, probabilmente, ancora non era stata pensata.

Se ogni 27 di gennaio ci ritroviamo a celebrare questo evento è perché abbiamo riconosciuto l’importanza di riflettere costantemente sulle vicende che hanno segnato la storia dell’uomo, una storia pregnante di insegnamenti.

Molti studiosi del campo della sociologia hanno pensato bene, nei loro scritti, anche contemporanei, di riflettere su cos’è stato l’olocausto e le sue modalità e, in questa data, è fondamentale che i loro contributi vengano osservati e utilizzati per evitare i ricorsi storici.

Uno su tutti, Zygmunt Bauman, in Modernità e Olocausto (1989) mette in guardia dalla naturalezza e dal carattere razionale del tentativo di sterminio degli ebrei. Lui, sociologo contemporaneo, nasce nel 1925 in Polonia da una famiglia ebraica e vive la brutalità della guerra già dai suoi primi anni di adolescenza;
scrive della “normalità” dell’azione razionale che i tedeschi utilizzarono nei campi, della loro freddezza e descrive questo fenomeno storico come una realtà figlia dell’estrema razionalizzazione, della gabbia d’acciaio weberiana che legittima, o meglio, ha legittimato, in passato, l’olocausto.

Parliamo quindi dell’irrazionalità della razionalità che ha comportato un sistema cui unico obiettivo era la morte, nel modo più efficiente possibile.

Giorgio Agamben, filosofo italiano, scrive anche lui dell’olocausto. 

In linea con l’idea del precedente sociologo citato e sempre sotto l’influenza di Weber e del concetto di razionalità, descrive la realtà della storia dei campi di concentramento osservando lo spazio d’eccezione riservato agli ebrei, definiti come homines sacri, uomini sacri, individui cui sorte spetta unicamente alle decisioni del leader politico. Questa non è la sacralità che siamo soliti osservare ma un diverso tipo, quella insita nel concetto di separazione dalla natura umana.

Il primo tratto comune tra i due è il concetto di disumanizzazione, fondamentale per comprendere il trattamento riservato agli ebrei. Essi sono stati privati dell’identità e del riconoscimento, formale e informale che ha comportato la legittimazione di quelli che oggi chiamiamo i campi di sterminio.

Ma perché, in questo giorno, è utile riportare l’attenzione di sociologi e filosofi, antecedenti e succedenti all’olocausto?

Semplice, sia Bauman che Agamben (cui non possiamo escludere nella narrazione il ricordo della denuncia delle brutalità naziste), non escludono la possibilità che tali fenomeni si ripresentino a noi sotto una nuova forma o addirittura, la medesima forma del passato. 

Di conseguenza, per noi, oggi, è importante Ricordare e NON dimenticare, è importante che, lungo la nostra lunga ma finita storia, impariamo l’importanza dello studio, del parlare e del riflettere su ciò che è stato l’inferno in terra del popolo ebraico (e non solo) e forse la pagina più nera della democrazia occidentale.

Nell’elaborazione scientifica, come per i i grandi autori, è importante il tentativo di non elaborare giudizi di valore, ma questo sforzo teorico è importante per noi, per la nostra libertà di pensiero e per evitare che la storia si ripeta, non deve farlo, nemmeno come farsa ed è qui che la «sociologia ancella della storia» si inserisce, dandoci la possibilità di essere migliori dei nostri predecessori.

(Matteo Bonanni)

*l’immagine in evidenza e questa sono dal progetto realizzato dall’artista Joachim West.

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