possiamo scegliere di vivere o subire il passato, il presente e il futuro
“Ci risiamo! “, “ricominciano le file”, “come faccio ora a casa”, “non è cambiato nulla”.
Queste sono solo alcune delle prime frasi che abbiamo sentito alla notizia di questo periodo pasquale nuovo nel tempo ma che ci sembra vecchio nelle modalità.
Come del resto si potrebbe dire di questa breve lettura che riporta un concetto noto e quotidiano e che può potenzialmente annoiare ma in realtà non è così. L’intento qui è di rivoluzionare questo acronimo che potrebbe essere ricondotto in termini pessimistici o ottimistici a ciò che pensiamo sia la conseguenza del suo significato originario, oppure una lettura negativa della realtà, ma ancora una volta non è così.
Siamo in difficoltà, su questo non ci piove, ci troviamo nella costante situazione di dover far fronte a situazioni personali sempre più complesse e nuovamente emergenziali, dal lavoro all’asilo, dal più anziano al più giovane, dalla disoccupazione all’eccesso di mansioni.
C’è, in questa affermazione, un “Però” e si colloca sulla linea sottile della scelta personale, quella tra il “vivere il proprio tempo” e “subire il proprio tempo”.
Il contesto di certo non è dei migliori e al lettore, magari in crisi, sorgerà spontanea la critica che considera questo binomio una banalità e forse anche una cosa fuori luogo per l’occasione.
Non è così, è il tentativo di suscitare la coscienza di ognuno che vorrebbe fare qualcosa ma si sente ingabbiato in quattro mura astratte: i problemi, i decreti, i sentimenti e le paure.
Per iniziare a riflettere, probabilmente è riduttivo fermarsi ad osservare l’oggi senza conoscere il passato e senza “buttare” almeno un occhio al futuro.
Senza passato non esisterebbe il futuro il quale punto di congiunzione è sicuramente il presente.
In questo ragionamento l’oggi non è di certo da subire passivamente, è il momento che decide chi saremo domani ed è sempre qui, che si decide, dove andremo domani.
È plausibilmente poco utile fermarci a guardare le nostre singole situazioni e pensare solamente a noi, da soli, come monadi, non contiamo nulla, se non per i nostri cari o vicini. É Invece sicuramente più importante e utile ragionare con l’altro, diverso da noi, e per l’altro, riscoprendo il valore della solidarietà e della reciprocità, senza la paura di chiedere aiuto o di dare aiuto.
Ora che tutto sembra esserci piombato nuovamente addosso come se non fosse cambiato nulla rispetto a un anno fa, dovremmo pensare a delle nuove soluzioni, condivise, dal basso, dal popolo, nel rispetto della legge e del bene comune ma con la domanda fondamentale che per noi oggi e per i nostri figli domani è: «dove andremo domani?».
Ma interrogandoci in questo modo è possibile anche far diventare questa domanda un punto, un qualcosa all’orizzonte, un posto, una persona, una città, un qualsiasi cosa che possa diventare la nostra stella polare e che ci costringe ad affermare per il Nostro Bene, con la “enne” e la “bi” maiuscole: «Sì, lì è D.ove A.ndremo D.omani!».
Con questa convinzione è inutile continuarsi a incoraggiare con frasette banali come «ce la faremo», «passerà», «che dobbiamo fare, tanto…», ora è il momento di rimboccarsi le maniche e impegnarci a “pensarci nuovi”, senza giustificarsi, è il momento di fare qualcosa per noi, come diceva un uomo ora santo, «prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro», viviamo il nostro tempo.
(Matteo Bonanni)