La storia di Andrej Rublev, monaco russo, pittore di icone vissuto dal 1360 al 1430, ce la racconta il regista Andrej Tarkovskij in un magnifico film che vi consiglio di vedere e tenere in casa. Girato nel 1966 uscì nelle sale moscovite solo nel 1972, osteggiato dalla censura sovietica che l’aveva giudicato troppo violento. Da noi arrivò nel 1975.
Ambientato nel periodo dell’ascesa del principato di Mosca, dal quale si formerà la Russia imperiale, ma nel quale la presenza tartara è ancora fortissima e nei confronti della quale i russi oscillano tra la resistenza, la sottomissione e l’alleanza, il film è composto da una serie di episodi nei quali Rublev è testimone delle violenze efferate inflitte alle popolazioni sia dalle orde asiatiche, sia dai boiardi alleati al principato.
La metafora sullo scempio, non solo fisico, dell’umanità culmina nell’episodio del sacco della città di Vladimir, ad opera di russi e tartari insieme, durante il quale Rublev, fino ad allora testimone dolorante, ma estraniato dai destini terreni dei suoi simili, reagisce uccidendo un soldato che stava per violentare una sordomuta.
Rublev, che “nell’amore di Dio procedeva come se non si fosse mai occupato delle cose terrene, ma sempre avesse innalzato la mente e il pensiero al mondo spirituale e divino”, è così costretto a prendere atto degli aspetti più oscuri dell’animo umano, prendendo coscienza di esserne egli stesso parte.
Perde così la fiducia negli uomini e la fede in Dio e per questo decide di non dipingere né parlare più.
Fino a quando, dopo molti anni di silenzio e inattività, assiste ad un evento prodigiosamente umano.
Si tratta dell’episodio della fusione di una campana, l’ultimo del film, quaranta minuti di cinema meraviglioso, un film nel film che può essere rivisto anche a sé.
Il Duca verrà a prendere possesso di una città e ordina che il suo ingresso debba essere accolto trionfalmente dai rintocchi di una campana realizzata dal fonditore più esperto e famoso del luogo.
I suoi emissari vanno a cercare questo artigiano, ma scoprono che è morto da alcuni mesi. Resta solo il figlio Boriska, un adolescente lacero e malmesso, il quale dice loro che può fondere lui la campana perchè il padre gli ha rivelato, in punto di morte, il segreto che aveva reso ineguagliabile il suo lavoro. I boiardi, anche se perplessi, l’incaricano del delicatissimo compito.
Boriska organizza così un gigantesco cantiere, coinvolgendo decine e decine di uomini esperti e riottosi a farsi dirigere da un poco più che moccioso. Il ragazzo mette in campo, riuscendo a dirigerla in modo ferreo, un’organizzazione tecnologicamente complessa dimostrando, inoltre, di possedere una fantasia creativa senza pari. Dopo settimane di lavoro durissimo e di forti contrasti con gli artigiani più esperti, che non condividono le innovazioni che Boriska comunque impone loro, un’enorme campana viene così fusa e issata sul campanile più alto della cattedrale.
Il giorno stabilito Boriska assiste all’arrivo del Duca e della sua corte dall’alto di una collina, fuori città. Aspetta, da lontano e con ansia, che la campana suoni.
Appena il Duca oltrepassa la porta della città, fra due ali festanti di popolo, la campana comincia a suonare. E’ il suono più bello che orecchio umano abbia mai sentito, un suono che ondeggia argentino nell’aria espandendosi fino a far vibrare il petto di tutti i presenti, che arriva fin sulla collina dove il ragazzo aspetta di conoscere l’esito della sua sfida.
Boriska comincia a piangere irrefrenabilmente quando alle sue spalle arriva Rublev, andato anche lui su quella collina per assistere all’evento lontano dalla folla.
Il monaco, che aveva seguito per settimane e in silenzio tutto il lavoro del ragazzo, lo abbraccia per consolarlo e senza parlare, come si era imposto da anni, lo guarda interrogativamente. Così Boriska gli confessa che suo padre non gli aveva rivelato alcun segreto, che il vecchio artigiano era morto, quell’egoista che l’aveva sempre considerato un buono a nulla, senza rivelargli niente della sua arte e che lui s’era dovuto inventare tutto, contando solo sulle sue capacità e sulla sua forza d’animo.
A quella rivelazione Rublev sente rinascere in sé la fiducia nell’umanità e decide di riprendere a parlare e a dipingere. “Andiamo insieme” dice a Boriska “tu fonderai campane, io dipingerò icone”.
Ho rivisto quest’episodio tante volte nel corso della vita, per riprendere fiducia nelle persone e speranza nel futuro.
Ora il dvd è lì e di sicuro c’è più da imparare rivedendolo, piuttosto che ad assistere al teatrino della politica politicante che ci propinano quotidianamente le televisioni.
Chi è oggi Rublev e chi Boriska?
Ci sono tanti Rublev, persone di talento, che hanno acquisito competenze che vedono dissipate, perché non espresse, non riconosciute. Oppure che le vedono utilizzate al di sotto delle loro possibilità e aspettative. Spesso, stanche di combattere, si chiudono scoraggiate, si autoriducono in un silenzio sostanziale, magari aspettando il segnale di una rivolta che sanno già impossibile.
Ogni tanto capita di incontrare un Boriska, uno che insegue un sogno che è suo, ma che può essere di molti.
Boriska può sembrare un bugiardo, ma conosce veramente il segreto della campana. Che importa se non glielo ha rivelato il padre? Lui l’ha appreso guardandolo lavorare, criticandolo anche ed è diventato il suo segreto.
Ai suoi operai può apparire un despota. Essi non apprezzano le innovazioni che Boriska introduce nel processo di lavoro che conoscono da prima che lui nascesse. E’ stato sempre così, perché cambiare?
Cercate il dvd di questo film bellissimo che racconta come attraversando le parti peggiori della vita e dalla totale sfiducia nel genere umano, si possa arrivare ad un futuro migliore, fatto di creatività, lavoro e coraggio innovativo. Senza alcuna ricetta segreta, se non il sogno che ognuno ha dentro di sè che, infine, si deve provare a far suonare come una campana a festa. La festa di tutti.
(Umberto Mosso)
