8mm di passione
Pride (2014) di Matthew Warchus
Devo confessare il mio “amore” per il cinema britannico. Faccio “outing”! Considerato il tema della pellicola, mi sembra la giusta premessa. La capacità, tutta della terra di Albione, di coniugare dramma e commedia è inimitabile. I temi trattati dal film vanno dall’omosessualità alla crisi del settore minerario inglese negli anni ottanta del secolo scorso. Eppure si riesce anche a sorridere, grazie a una buona regia e alla bravura del cast.
Il film si apre sul “Gay pride” di Londra del 1984. Il giovane attivista Mark ha l’idea di raccogliere fondi per i minatori del Galles, impegnati in un duro sciopero contro la miope politica di Margaret Thatcher. Fonda il gruppo “LGSM” (Lesbians and Gays Support the Miners), nonostante lo scetticismo iniziale di tutti i suoi compagni. Effettivamente il gruppo si scontrerà con atavici pregiudizi. Il Galles è notoriamente il paese britannico più chiuso e tradizionalista. Lentamente, nonostante una campagna di stampa avversa, le due comunità cominceranno ad avvicinarsi e capirsi.
Sgombriamo il campo dagli equivoci. Matthew Warchus non è Ken Loach e la differenza si vede. La pellicola rischia, in diversi momenti, di scivolare nei soliti stereotipi. Sono particolari perdonabili a un regista quasi esordiente (la sua estrazione è teatrale). Loach ha affrontato gli stessi temi con un’incisività ben maggiore, ma parliamo di uno dei più grandi registi inglesi di tutti i tempi. Passiamo alle cose positive. L’atmosfera dei primi anni ottanta è resa in modo perfetto. Il terrore dell’AIDS, in quel momento malattia poco conosciuta e incurabile, attraversa strisciante tutti i 120’ della pellicola. La politica repressiva della Thatcher è stata il soggetto di tante pellicole ed è lasciata sullo sfondo. Il regista riesce a coniugare i due temi, invitandoci a riflettere su un passato non troppo lontano. La violenza è spesso latente, quasi mai mostrata. Lo humor non manca, anche se si sorride a denti stretti. Vorrei ricordare qualche nome di un cast di grande livello: Bill Nighy (il crudele re dei vampiri in “Underworld”, il terribile Davy Jones ne “I pirati dei caraibi”), Imelda Staunton (Dolores Umbridge nella saga di “Harry Potter” e candidata all’Oscar per “Vera Drake”) e i giovani, ma già famosi, Andrew Scott, Ben Schnetzer e George MacKay. Citazione a parte per Paddy Considine: attore, sceneggiatore, regista e musicista di livello.
Il film ha vinto la “Queer Palm” a Cannes, riservata al cinema indipendente oltre a un premio BAFTA in patria. La colonna sonora, per i cinquantenni, sarà un tuffo nell’adolescenza! Il film è tratto da una storia vera che, però, era molto più complessa e articolata. Il regista ha preferito viaggiare in una “confort zone” evitando spigolature, smussando gli angoli. Una pellicola piacevole che, forse, non incontrerà il favore dei cinefili più smaliziati e alla ricerca della perfezione. A mio parere vale la visione!
Come sempre, buon cinema a tutti!
(Marco Petrucci)