Milano calibro 9 (1972), di Fernando Di Leo
Alla fine … non ho resistito! Volevo rendere omaggio a questo genere, il poliziottesco, ingiustamente sottovalutato. Un caso tutto italiano. In nessuna parte del mondo esiste un qualcosa di simile.
Nell’arco di una decina d’anni sono stati girati più di cento film sullo stesso argomento, pur con grosse differenze tra loro (soprattutto qualitative). Alla base vi sono i romanzi e i racconti del grande Giorgio Scerbanenco che negli anni sessanta tracciò la via di questo genere, un titolo su tutti, appunto: Milano calibro 9.
Quando il clima di violenza diffusa giunse in Italia a livelli altissimi, il cinema cercò di cavalcare l’onda trasferendo sullo schermo le paure e le incertezze di gran parte della popolazione. La voglia di giustizia, una prova di forza da parte dello Stato trascinò a un grosso successo commerciale quasi tutte le pellicole.
Grandi registi si cimentarono con ottimi risultati: Umberto Lenzi, Fernando Di Leo, Stelvio Massi, Sergio Corbucci. Un’infinita schiera di attori trovò la notorietà: Mario Adorf, Luc Merenda, Maurizio Merli, Franco Nero, Tomas Milian, Giuliano Gemma, Franco Gasparri. Quasi tutti guadagnarono tantissimo ed trovarono fortuna anche all’estero. Ancora oggi Quentin Tarantino (ma non solo) si confessa debitore nei confronti di questo genere. Passiamo alla pellicola in questione.
Il malavitoso Rocco Musco e un compare sorvegliano una spedizione di valuta clandestina in dollari, trasferita a Milano ad opera di alcuni corrieri; il plico, nel percorso viene misteriosamente sostituito e i soldi spariscono. Tre anni dopo Ugo Piazza viene rilasciato dal carcere di San Vittore: era uno dei corrieri, all’epoca sfuggito alla vendetta poiché nel frattempo arrestato per una rapina. Ad attenderlo all’uscita dal carcere ci sono Rocco e i suoi scagnozzi, incaricati dal boss malavitoso, conosciuto come l’Americano, con l’intento di recuperare il denaro.
Capolavoro assoluto del noir italiano, riconosciuto in tutto il mondo (naturalmente … tranne in Italia). Di Leo, ricavando il soggetto da diversi racconti di Scerbanenco, costruisce un film perfetto dalla prima all’ultima inquadratura. E’ la storia al centro di tutto, le dinamiche criminali. Nessuna concessione a valutazioni moralistiche. Di Leo, fedele al proprio cinema, cerca di rendere la realtà nella sua crudezza. Dalla scena del ballo di Barbara Bouchet al personaggio di Ugo Piazza, ogni scena ha il suo fascino. Colonna sonora da Oscar di Bacalov, Osanna e New Trolls. Imprescindibile!
Non basterebbe un libro per esaurire le curiosità legate alla pellicola. Vi consiglio la lettura della biografia di Di Leo e dei racconti di Scerbanenco. Inoltre, negli extra del secondo DVD, sono presenti diversi documentari tra cui l’eccezionale “La morale del genere”.
L’elenco delle pellicole che citano questo film sarebbe infinito. Frank Wolff e Luigi Pistilli, i due attori che interpretano rispettivamente il commissario capo e il vicecommissario Mercuri, furono accomunati nella vita reale da un triste destino: entrambi infatti morirono suicidi in seguito a gravi forme depressive.
La famosa scena della go-go dancing di Barbara Bouchet è omaggiata in “Grindhouse – Planet Terror” di Robert Rodriguez, in cui a compierla è l’attrice Rose McGowan. La scena finale fu notevolmente ridotta dalla censura per l’eccessiva violenza.
Oltre agli attori già citati, i protagonisti principali sono: Gastone Moschin, Mario Adorf, Ivo Garrani e Philippe Leroy! Vincete eventuali pregiudizi … non rimarrete delusi.
Come sempre, buon cinema a tutti!
(Marco Petrucci)