Propongo qui di seguito una lettera, segnalandovi che è apparsa su un quotidiano del mattino di qualche giorno fa.
Non è la solita lettera scritta al direttore di un quotidiano solo per esibire le proprie idee, cosa che accade sovente, ma, piuttosto,la rivelazione di un malessere sociale che inquieta per diffusione, e un prendere le distanze, come per dire: “il sottoscritto non fa parte di questa categoria di personaggi in cerca di autore”.
“Gentile Direttore, Le scrivo perché da un po’ assisto con un certo disagio alla dinamica del consenso di elettori e simpatizzanti verso uomini e forze politiche. Con sincerità Le confesso che sono frastornato dalla velocità con la quale tale consenso si trasferisce da un focus all’altro senza complimenti, direi quasi in maniera sfacciata. Siamo difronte ad una realtà che non consente in alcun modo di fare previsioni o di anticipare le evenienze, perché parrebbe che ogni pronostico sugli scenari politici anche a breve termine sia destinato ad essere bellamente smentito da ondate di consenso/dissenso incontrollabili. Vediamo partiti che crescono vorticosamente ed altri che si sgonfiano come palloncini bucati e poi processi inversi con ondate in senso opposto. Sembra una babele dove partiti ed istituzioni ondeggiano come portati dal vento di simpatie e antipatie emotive che non valutano o trascurano i contenuti ideali e programmatici delle forze politiche. Spesso sembra quasi che il consenso si sposti ironicamente da e verso chi meno te lo aspetti o vada a gratificare chi meno lo meriti. Per fare qualche esempio, dove è finito il 41% del PD di qualche anno fa? È possibile che l’effetto del referendum istituzionale fallito abbia dirottato più del 20% verso altre forze politiche? E` possibile che una simile marea elettorale sia riconducile alle azioni di un solo uomo? E che dire delle impennate paurose della Lega di Salvini e la successiva regressione a vantaggio della destra radicale che ormai veleggia verso il traguardo del partito di maggioranza relativa? Del Movimento 5 Stelle non ne parlo, perché ha approfittato del momento di malpancismo populista del nostro paese, avendo in sé il germe del fallimento per la sua anima “chavista” incompatibile in un paese nel cuore dell’Europa. Nel mio piccolo constato quanto siano instabili le propensioni dei singoli, che seguono l’instabilità delle propensioni di parlamentari e politici in genere, anche se in modo non coordinato.
Vedo spesso affacciarsi sulla scena personaggi che scollano, come si fa con i francobolli dalle buste, consensi da altri schieramenti con velocità sorprendente, astri nascenti o stelle recuperate da prematuri tramonti. Per non parlare di alleanze inorganiche, nate per opportunità politica, dove le militanze si mescolano con l’unico, legittimissimo fine di portare qualcuno ad un alto scranno, ma dove diventa indistinguibile l’ordine ideale delle componenti che concorrono al raggiungimento di tale fine, con il rischio che al termine della “associazione temporanea” qualcuno dei citati concorrenti ne resti depauperato, proprio a causa della labilità o volatilità del consenso, diventato un male del nostro tempo. Forse l’abbandono delle ideologie, come una conquista del nuovo modo di far politica, ha indebolito il senso di appartenenza ad una determinata area, liberando sicuramente il pensiero e la volontà di adesione da ogni lacciuolo precostituito, ma il prezzo è la volatilità e l’instabilità del consenso che rende poco efficienti le nostre istituzioni e i nostri governi. C’è chi vede in questo sfarfallio degli umori e in questa nuova leggerezza di vivere la vicenda politica, come una conquista di libertà dalle ideologie a vantaggio di un opportunismo pragmatico. Lei che ne pensa Direttore?
Con sincera stima,
Maurizio
Gentile signor Maurizio,
“la leggerezza di testa” è una grande virtù, ci sblocca dalle più profonde paure e ci consente la libertà di perseguire i nostri desideri. In politica e nell’ambito delle responsabilità che a questa competono, la leggerezza di testa si definisce “capa fresca”, come si dice a Napoli parlando di qualcuno che non pensa e non valuta i fatti prima di agire. A ben vedere però, il problema non è tanto nella gente quanto in chi la rappresenta. I personaggi pirandelliani “in cerca di autore” non sono scatole vuote da riempire con un copione, ma sono incarnazione di realtà umane in cerca di una possibilità di raccontare se stesse. Questo significa che una politica intelligente deve recuperare i dati di base del proprio pensiero, senza nostalgie, per riqualificarlo nel contesto attuale, affinché questi personaggi trovino il loro palcoscenico e riconoscano il loro spazio esistenziale. Se la politica non farà questo, credo che questa leggerezza di testa di cui Lei parla, rappresenti un pericolo per la democrazia, il rischio che prima o poi si segua tutti incantati, il pifferaio magico. L’ultimo ciarlatano che saprà dare un apparente senso di novità e di rottura con il passato.
(MV)