Banditi a Milano – Oltre la retorica

Banditi a Milano (1968) di Carlo Lizzani

Ho voluto “recuperare” questa pellicola sia per ricordare uno dei migliori registi italiani (Cronache di poveri amanti, Il gobbo, La vita agra, Barbagia, San Babila ore 20, Mamma Ebe) sia perché il film rappresenta uno snodo importante nella storia della nostra cinematografia. Lizzani ha fatto dell’impegno, mai fine a se stesso, e della rigorosità un suo marchio di fabbrica. In questo caso è riuscito a raccontare un episodio drammatico senza cadere nella trappola del sensazionalismo e della facile retorica. Si tratta quasi di una fotografia attraverso la quale, sapendone cogliere le sfumature, è presentato un preciso momento della storia italiana. 

Il film inizia come fosse un documentario che descrive l’escalation della malavita a Milano. Quindi concentra la sua attenzione sulla rapina all’agenzia 11 del Banco di Napoli del 25 settembre del 1967. La banda Cavallero seminò il panico nelle vie del capoluogo lombardo, inseguita dalla polizia, lasciando una scia di sangue. Quattro morti e dodici feriti. La pellicola segue a ritroso la serie di eventi che culminarono in quella tragedia.

Si tratta del primo “istant movie” italiano. Infatti, fu girato nei mesi seguenti la rapina e prima dell’altrettanto famoso processo. Inoltre è considerato il precursore di tutto il filone del cosiddetto “poliziesco all’italiana”, genere che tanto successo ha avuto in tutto il mondo. Lizzani si astiene da qualsiasi riferimento politico. In parte perché molte cose emersero durante il dibattimento processuale, in parte perché il suo intento era di fotografare un certo disagio sociale. Soprattutto Pietro Cavallero e Sante Notarnicola, entrambi sottoproletari, erano approdati a posizioni anarchiche nichiliste dopo aver militato nel PCI ed essere rimasti frustrati dalla mancata svolta rivoluzionaria. I due sono magistralmente interpretati da Gian Maria Volonté e Don Backy. Il ricco cast comprende anche Tomas Milian, nel ruolo del commissario Basevi, e Ray Lovelock, nella parte del giovane elemento della banda, Tuccio. Fa il suo esordio la stupenda Agostina Belli (appena ventunenne). Nel ruolo di una mitomane troviamo anche Carla Gravina, già attrice conosciuta nonostante la giovane età. Il vero commissario Basevi appare brevemente in una delle ultime scene.          

Il film fu un grande successo di critica e pubblico, premiato con due David di Donatello e un Nastro d’argento.  In seguito è stato inserito tra i cento film italiani da salvare. 

Una pellicola difficile che va, correttamente, inserita nel contesto storico in cui venne girata. Lo stile di Lizzani è veramente unico e innovativo. Tante le scene e i dialoghi da ricordare. Un esempio è il primo lunghissimo e spettacolare inseguimento in auto del nostro cinema. 

Un’ultima curiosità. Sante Notarnicola è divenuto un famoso poeta. E’ stato uno dei primi a battersi contro le condizioni disumane di alcune carceri e per il riconoscimento di diritti elementari per i detenuti (la possibilità di scrivere e leggere). Era il primo nome della lista presentata dalle Brigate Rosse, tra i detenuti da liberare in cambio della vita di Aldo Moro. Ormai da tanti anni in libertà, è deceduto pochi mesi fa per complicanze dovute al Covid-19.    

Come sempre, buon cinema a tutti!

(Marco Petrucci)

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