Nel pomeriggio di giovedì 31 marzo, l’Associazione Controcorrente ha presentato, con a fare gli onori di casa con altri, le bravissime Flavia Finamore e Valchiria Vittori, la mostra con performances teatrale per testi e foto di Cristina Rezzi. Alla performance hanno partecipato Gabriele Maria Ansini, voce e corpo nel monologo, e nel dialogo a più voci che ha chiuso l’evento, Giulia Morello (Scrittrice), Michela Di Biase (Consigliera in Regione Lazio), la psicologa Daniela Vitelli.
Inoltre, ad accogliere la mostra, e la proposta di Controcorrente, sono stati presenti all’evento i due attori che hanno dato corpo al progetto di Cristina Rezzi, Daniele Leonori (Vicepresidente Regione Lazio) e per il Municipio VIII, l’assessore Michele Centrorrino e il Presidente Amedeo Ciaccheri.
La cornice dell’evento, alle Industrie Fluviali, era calda e accogliente, e il pubblico attentissimo alle parole e agli scatti esposti intorno alla sala in un’onda temporale che accompagnava dal fondo sino al palco seguendo la storia intima e segreta di una coppia temporalmente seguita dall’innamoramento al possesso, alla sottomissione, alla violazione, all’inazione che chiude nello stretto della casa, della coppia e nel silenzio del danno.
Le foto esposte, tutte a colori e scattate in digitale, hanno colori netti e luci calde, i primi e primissimi piani raccontano con forza i sussurri dei gesti, e il suono lievissimo delle chitarre che accompagnano la recitazione del monologo ricrea quello stesso tipo di calore soffuso, e di silenzio inviolato.
Lo stracciamento di un corpo maschile (quello del bravissimo Gabriele Maria Ansini) che recita per voce di donna, è forse tanto presente nella mimica e nella capacità di occupazione dello spazio che il corpo e l’anima dolenti fanno asfittico e stretto, che quella fisicità arriva così potente da oscurare le parole. Così come accade quando si assiste a una violenza psicologica o fisica all’interno di una coppia.
Affascinanti le parole di Giulia Morello, autrice del libro “Sono innamorata di Pippa Bacca. Chiedimi perché!” che restituisce alla sala la storia di una donna, che a differenza dell’attrice ritratta nelle foto, ha esposto il suo corpo alla bellezza del mondo, e in questo ha trovato la morte vestita da sposa mentre attraversava con una sua performance mobile, in Turchia, le autostrade desiderosa di vita.
Nel 2008, anche questa una storia di disattenzione e vilipendio della libertà femminile. La storia di Giuseppina Pasqualino di Marineo, uccisa a soli 30 anni sul bordo di una autostrada.
E il racconto di Giulia Morello, così intimo nel suo innamoramento per questa storia a partire da una sera d’insonnia nel tepore della propria casa, restituisce a questa stessa parola, ca-sa, quel senso di accudimento e scoperta che le foto hanno mostrato cancellato dall’ambiguità delle emozioni e dei sentimenti nelle foto di Cristina Rezzi.
Una sola nota di disturbo ho personalmente sentito nella sintesi restituita da Daniela Vitelli, che esplicita il titolo del Progetto come distanza di un amore malato, clinicamente connotato, da un altro tipo di amore incapace di produrre abuso e violenza.
Ecco, in questo, non mi sono ritrovata nemmeno un po’. Decenni di femminismo ci hanno mostrato come sia invece terribilmente usuale, semplice, pervasivo e costante un amore che contiene una storia culturale nella quale la violenza sulle donne abita i luoghi, le persone e le prassi con terribile normalità e coerenza.
La violenza sulle donne, io credo, è il derivato di una educazione a pensare la donna come inserita in modelli di rapporto e convivenza, di coppia, sociale culturale, che rende difficilissimo decostruire la frequenza e la facilità della violenza.
Domestica, sui luoghi di lavoro, nelle relazioni sociali.
Se tanto dobbiamo fare ogni giorno, per il diritto all’esistenza paritaria, non connotata ma aperta alla scoperta di sé e del mondo, è proprio perché, mi dispiace, ma l’amore è proprio questo: un modo di esprimersi con i linguaggi, le immagini, le parole, i gesti che ci sono possibili in quanto dati e date culturalmente.
Solo comprendendo questo potremo, forse, costruire un humus differente, per le donne, per gli uomini, e per tutte le identità che vogliamo possano esprimersi.
E’ solo non relegando la violenza e l’abuso nel confine della malattia, o di ciò che è sbagliato in quanto mostruoso, riconoscendone la assoluta familiarità a tanto del nostro sociale, del nostro intimo e del nostro vivere, che potremo farne a meno, andando a ricostruire una convivenza rispettosa, libera e vitale.
Così come non esistono famiglie che non siano disfunzionali, né rapporti perfetti, così non esistono amori non disfunzionali, e in moltissime differenti direzioni.
Solo comprendendo questo, sapremo essere libere, come donne, e lavorare perché a tutte sia data la chance di esistere in contesti migliori di quelli attuali.
Voglio ringraziare Flavia e Valchiria per questa bella occasione, la fotografa per gli stimoli assai vivi, l’attore per la potenza del corpo maschile quando prova a contenere la potenza di quello femminile, e non può che rannicchiarsi. Giulia Morello per la delicatezza della sua presenza sul palco e per tutte le parole d’amore per la libertà di Pippa Bacca.
E la mia amica Giusi Miccoli, con la quale parlando di maschile e amori malati, ci siamo capite al volo, e abbiamo detto no, non è così, troppo facile. Noi non ci possiamo accontentare. Perché l’amore è anche questo.
(Nerina Garofalo)



















Le foto in questo articolo son state scattate da Nerina Garofalo in mobile camera durante l’evento (c)