Trovo sempre molto interessanti gli articoli di Claudia Fusani, giornalista informata, intelligente, spesso ironica. In particolare il 27 u.s. mi ha colpito un suo articolo sulle posizioni spericolate di Conte e del suo, si fa per dire, partito sulla questione della guerra e dell’invio di armi all’Ucraina: O è completamente bicefalo, con due teste distinte e ormai scollegate una dall’altra. O siamo davanti ad una straordinaria recita a soggetto dove i protagonisti sono il poliziotto buono e quello cattivo. A voi decidere, in base al vostro punto di vista, chi è il buono e il cattivo tra Giuseppe Conte e Luigi di Maio. L’obiettivo è lo stesso: far parlare di sé, riflettori e microfoni a disposizione per trovare cittadinanza sul palcoscenico della politica (gli ultimi sondaggi danno il Movimento al 12 per cento). Fatto sta che in una giornata delicatissima sul fronte della guerra russo-ucraina, dove per la prima volta e abbastanza inattesi in serata si sono visti oltre ai soliti diktat di Vladimir Putin (“voglio la Crimea e il Donbass”) anche spiragli di sensatezza, Giuseppe Conte, ex premier e leader del Movimento chiede ufficialmente che il premier Draghi e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini “vengano in aula a riferire sull’invio di nuove armi al governo ucraino”. La richiesta ha toni perentori e senza appello. Quasi che Draghi e Di Maio non fossero premier e ministro degli Esteri del suo stesso governo. Del governo che il Movimento 5 Stelle e Conte appoggiano e a cui rinnovano ogni settimana la fiducia.”
Stupendo! Un controsenso, uno dei tanti ai quali ci ha abituato il Movimento, mettere in difficoltà premier e titolare della Difesa mentre Di Maio è seriamente impegnato nella vana impresa di costruire un tavolo di mediazione che da Istanbul arrivi a Mosca e a Kiev nella convinzione che Italia e Europa vi possano giocare un ruolo di conciliazione tra le parti in conflitto. E’ lo spiraglio di luce che pervicacemente ancora si cerca con ottimismo e buona volontà, in una grigia atmosfera dove si parla il linguaggio delle minacce e molto poco quello della diplomazia.
Da tempo ogni volta che sento parlare Conte controcorrente mi viene in mente la frase del film Ecce Bombo “mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente” e questa trovata del “nostro” è l’ennesima bandierina alzata per mostrare l’adesione esemplare ad uno spirito pacifista, anti Nato e anti Usa, oggi presente sia a destra che a sinistra. Ipocritamente sono in molti a pensare di trarre un vantaggio politico da una simile posizione, pochi vi aderiscono forse per una sincera convinzione, ma molti altri lo fanno per dimostrare il proprio essere antisistema, così che alla fine un 30% di italiani è contrario all’invio di armi e allora perché non mostrare un plateale dissenso alla linea governativa ed approfittare per attirare l’attenzione di questo possibile bacino elettorale. D’altronde si tratta di una trovata a costo zero e ad alto rendimento – a parte qualche dichiarazione non serve fare molto di più – come quella sulle spese militari di tre settimane fa. L’invio di nuove armi agli Ucraini sarà sancito con un decreto interministeriale, che fa seguito a quello approvato a fine febbraio, che non dovrà quindi neppure passare dall’aula, ma Conte, invece chiede, che premier e ministro vadano in aula a spiegare, sapendo che ciò non accadrà e che comunque resterà nelle menti la sua ardente dichiarazione pseudo-pacifista.
Il PD è via via più sconcertato del trambusto generato dalle posizioni strumentali del Movimento, spesso in disaccordo con le posizioni della segreteria Letta, che vede traballare il suo “campo largo” dove il suo partito dovrebbe rappresentarne l’epicentro. In verità il leader pentastellato sembra strizzare più l’occhio a quella sinistra (Articolo 1) di Speranza che, anch’essa in maggioranza, nel congresso del fine settimana prima ha detto “torniamo nel Pd”, poi ha avanzato imbarazzanti distinguo rispetto “ad ubbie centriste”.
Il Ministro Guerini aveva già confermato il nuovo invio di armi con una chiara dichiarazione fatta direttamente da Ramstein, base militare tedesca dove era riunita la Nato, poi ha spiegato in un comunicato, che il secondo decreto avrebbe avuto la stessa natura della precedente tranche di aiuti, forniti sulla base delle richieste da parte dell’Ucraina e in ossequio alle risoluzioni del Parlamento, ma ovviamente a Conte non basta e il Ministro dovrebbe riferire, oltre che al Copasir (unico luogo deputato in cui il governo deve spiegare qualcosa), anche a Conte, perché sua eccellenza ha bisogno di un po’ di pubblicità.
Nel momento in cui Guerini era riunito a Ramstein, Giuseppe Conte riuniva la sua segreteria politica e il Consiglio Nazionale per bocciare Draghi e Guerini. La mozione di Conte che chiede “condivisione sull’indirizzo politico e piena possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo” sulle armi, viene approvata dal suo, si fa per dire, partito e le due paginette di condizioni e raccomandazioni sul nuovo pacchetto di armamenti pretendono una rigida conformità alla legittima difesa come definita dall’articolo 51 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Insomma l’Italia non deve prestare in alcun modo il fianco ad operazioni che possano contribuire ad una escalation bellica e il Movimento si opporrà ad aiuti dall’Italia che possano servire da “controffensiva” all’attacco russo.
Conte proclama – come se a nessuno fosse venuto in mente – “Il governo si adoperi per evitare un’escalation militare in tutti i consessi internazionali, europei o euro-atlantici”, ma poi gioca a nascondino con le parole: “Non temo di spaccare la maggioranza. Non mi pare ci sia nessuno favorevole all’escalation”. Oibò! ma allora quale bisogno c’era di parlare se non quello di mettersi in mostra?
Infatti il leader del Movimento si è fatto il giro di tutte le tv come un postulante per la mostrare la sua diversità dalla logica del governo senza alcun timore di spaccare la maggioranza perché “siamo fiduciosi che l’indirizzo politico sarà in conformità con quello che abbiamo fin qui tutti condiviso. Cioè bisogna aiutare la popolazione ucraina a difendersi, non dobbiamo lavorare a uno scenario da terza guerra mondiale”. Escalation diplomatica, non militare e niente armi offensive. Non si rende conto che anche il Presidente della Repubblica ha definito in modo inequivocabile il concetto di “pace conquistata anche con le armi”.
Ma Conte, forse l’unico, conosce con esattezza la differenza tra armi difensive e offensive. Per tutti gli altri, salvo ipocrisie, le armi sono entrambe le cose, dipende da come le si usa. Ma per lui, l’ineffabile Conte, questo concetto diventa un altro refrain utile da spendere per marcare la sua differenza.
(Marcello Veccia)




