La versione Fenoglio

DUE VOLTI DELLA GIUSTIZIA

Ci sono delle letture che segnano, ci lasciano un valore aggiunto esistenziale, a volte sono in grado di incidere in modo permanente sulla direzione del nostro pensiero imponendosi come una bussola nella complessità del contesto sociale che ci circonda.

Una di queste è “La versione di Fenoglio”, un romanzo di Gianrico Carofiglio che ho già citato in una delle mie riflessioni su questo Blog perché ha acceso una luce, un faro puntato sulle vicende che spesso guardo e guardiamo con stupore e sorpresa, le vicende della giustizia nel nostro Paese. 

La recente lettura del libro di Matteo Renzi “Il Mostro”, mi ha fatto rammentare il bellissimo libro di Carofiglio e non ho potuto fare a meno di confrontare due filosofie e due visioni che incidono sull’amministrazione della giustizia che sono agli antipodi, contrapposte.

L’una, quella del personaggio del libro, Fenoglio, umana, rispettosa e garantista, ma anche efficiente e finalizzata allo scopo (assicurare alla giustizia la verità), l’altra, preconcetta, pericolosa, spesso operata per esercizio di potere e per obbiettivi non sempre ortodossi, che genera un gran numero di innocenti processati e spesso incarcerati con irreparabile pregiudizio alla loro stessa vita.

Il libro narra dell’incontro fra un ragazzo e un anziano investigatore. Un lungo dialogo meditativo, ironico, intimo. Un intreccio di racconti polizieschi dalla raffinata architettura che è al tempo stesso un sorprendente manuale sull’arte dell’investigazione.

Pietro Fenoglio, un vecchio graduato dell’arma benemerita che ha visto di tutto, e Giulio, un ventenne intelligentissimo, sensibile, disorientato, diventano amici nella più inattesa delle situazioni. I loro incontri si dipanano fra confidenze personali e il racconto di una formidabile esperienza investigativa, che a poco a poco si trasforma in riflessione sul metodo della conoscenza, sui concetti sfuggenti di verità e menzogna, sull’idea stessa del potere. “La versione di Fenoglio” è un manuale sull’arte dell’indagine nascosto in un romanzo avvincente, popolato da personaggi di straordinaria autenticità. Il punto di partenza è sempre l’indagine investigativa, ma da questa si parte per arrivare a momenti di riflessione sulla vita e su concetti come la coscienza, il pregiudizio, l’ascolto, vere e proprie pagine di filosofia, ma anche un mirabile modo di fare giustizia attraverso la buona investigazione, arma vincente in ogni processo penale:

“Se hai una buona ipotesi investigativa, ma prendi in considerazione solo quello che la conferma, finirai con l’ignorare tutto il resto. Non vedrai tutto il resto. E’ il sistema migliore per allestire errori catastrofici; prima o poi qualcun altro, un avvocato o il giudice che dovrà valutare il tuo lavoro, si accorgerà di quello che hai ignorato e farà saltare la tua ricostruzione. E tu dopo, magari, insisterai che sono loro a non aver capito niente, o che addirittura sono in malafede, e questo solo perché sei incapace di vedere al di fuori del tunnel definito dalla tua teoria. Per provare davvero una congettura, e soprattutto una congettura investigativa, bisogna sforzarsi di demolirla. Solo se resiste a questo tentativo puoi sostenere che è davvero utile a spiegare gli accadimenti.” … “Il giudice Colonna sosteneva che un metodo efficace è porsi rispetto al capo di imputazione e agli atti investigativi con l’atteggiamento mentale di un avvocato difensore, cioè andando a scovarne le debolezze. Occorre liberarsi provvisoriamente del proprio punto di vista e adottarne uno opposto.”

Questo è ciò che dice il graduato dell’Arma maresciallo Pietro Fenoglio nel libro di Gianrico Carofiglio, che in effetti più di un romanzo è un mirabile manuale di investigazione.

Il brano, dedicato agli errori investigativi, l’ho riportato quasi per intero perché, non solo indica un valido metodo per evitare che innocenti patiscano la galera, ma declina in maniera lucida, sintetica e chiara il principio garantista che dovrebbe assistere sempre la ricerca della verità da parte degli inquirenti.

Detto questo potrei aver finito. E’ talmente importante questa regola che dovrebbe costituire un modello etico di ogni comportamento relazionale. E’ come mettersi nei panni dell’altro, buono o cattivo che sia, per conoscere e capire; per comprendere la verità bisogna sempre partire dal “principio di innocenza” dell’indagato comunque e chiunque esso sia, perché la giustizia non vuole solo un colpevole, ma essenzialmente vuole la conoscenza puntuale della verità.

Quando leggo le assurde vicissitudini che hanno caratterizzato la vita di Matteo Renzi dal momento della sua ascesa politica fino alla dolorosa sconfitta, descritte come un diario anzi come un reportage, per quanto si posa diffidare del racconto come propria “absolutio sermonis”, si ha veramente la sensazione che molti inquirenti, molti giudici abbiano fatto proprio il contrario di quello che avrebbe fatto Fenoglio. In questo caso sembra che gli inquirenti si siano dati un obbiettivo ed abbiano lavorato per avere conferme, per ottenere prove che confermassero e consentissero di raggiungere l’obbiettivo stesso. Una vera follia giudiziaria e mediatica, assicurata dalla pedissequa risposta della maggior parte dei media, interessati solo alla notizia scandalistica, e garantita dall’impunità di magistrati e inquirenti che non rispondono e non risponderanno dei loro “errori”.

Chiunque legga “Il Mostro”, simpatizzante o avversario, non può che rimanere allibito di fronte ad atti degli inquirenti che sembrano andare contro ogni regola costituzionale, come le intercettazioni a strascico o i sequestri notturni dei telefonini a parenti ed amici o come la pretesa di inventare un capo di imputazione inesistente riguardo a come si costituisca un partito e cosa sia una fondazione. L’ostinazione di perseguire amici e parenti del predetto “indiziato”, fino ad arrivare all’arresto cautelare dei suoi anziani genitori, sono un forte segnale di un originario pregiudizio che esplica i suoi effetti. Fortunatamente la Cassazione ha rimesso a posto molte cose, anche stigmatizzando l’operato di magistrati inquirenti, ma il risultato è lì da vedere, un uomo messo al bando dalla politica e deprivato del consenso della gente perché una strategia malevola ha elaborato un progetto politico per sconfiggere un concorrente scomodo con armi improprie, utilizzando le aule dei tribunali, gli avvisi di garanzia, i sequestri notte tempo di documenti, computer e telefonini sempre alla ricerca del misfatto.

Così il misfatto si costruisce a tavolino e poi si mette a terra un progetto di un qualche cosa che nella realtà non esiste o non ha rilievo giudiziario, questo è ciò che Fenoglio non avrebbe mai fatto e ciò che non avevano immaginato i costituenti così attenti a dare forma nella carta costituzionale al principio della separazione dei poteri e a dare il giusto equilibrio alle strutture istituzionali affinché si rispettassero le une con le altre.

Non avevo dubbi sulla assoluta necessità di partecipare attivamente ai referendum sulla giustizia per i quali si andrà ad esprimere il proprio punto di vista sulla attuale configurazione della giustizia e sulle relative norme che ne regolano poteri ed attribuzioni.

Se si legge il libro di Matteo Renzi non ci sono più perplessità, ma anzi si ha il desiderio di cogliere un’occasione: il 12 giugno si va al seggio e si votano convintamente cinque SI per i cinque quesiti referendari.

(Marcello Veccia)

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