La 194 non si tocca

Grazie all’incontro con le donne del Centro Antiviolenza “R. Lanzino” di Cosenza, con le quali di recente c’è stata per me una bella esperienza di lavoro, mi sono tornate davanti alcune foto scattate nei primi anni ’80, più o meno negli stessi mesi del referendum sull’aborto.

Mesi nei quali andavamo di porta in porta, giovani donne dai 15 ai 20-25 anni, a spiegare nei quartieri più disagiati perché fosse così importante votare e votare per il mantenimento del diritto all’interruzione di gravidanza pubblica e gratuita. 

Ci pensavo perché oggi, più che mai, occorre dire le cose con parole semplici, dirette, essenziali. Per non far torto al diritto. Ai diritti. Provo a farlo a partire dal mio personale punto di vista, di credente e libertaria.

Non si parla della 194 a partire da valutazioni teologiche o esistenziali. Questo ci porterà sempre a una soggettività individuale o di comunità, allontanandoci dal vissuto concreto delle persone tutte. In questo caso, più che di tutt@, delle donne.

Della 194 occorre parlare come di una legge (qui il testo integrale) che su un fatto che accade, in modo consensuale da parte di chi lo vive sul proprio corpo, garantisce che questo avvenga in sicurezza, legalmente e senza ulteriore danno. 

Anzi, con la possibilità di dialogare sulle forme di contraccezione che spesso le donne, le giovani, gli uomini, le coppie, non conoscono o non utilizzano correttamente.

10 pensieri che la rendono imprescindibile

1 – L’aborto non è prodotto dalla 194. Da questa è reso sicuro e legale e in diminuzione. E dovrebbe anche essere, grazie alla legge, una esperienza non punitiva.

2 – Là dove l’aborto non è legale si condannano le meno abbienti a esercitare pratiche illegali, dannose e para-mediche. Le donne abbienti avranno comunque sempre la possibilità di accedere a luoghi dove l’interruzione è legale.

3 – L’aborto interviene a volte in casi di impossibilità di risoluzione medica di problemi del feto, o di rischio per la madre. In altri, laddove la madre non si senta di vivere l’esperienza della maternità accompagnando il feto fino alla sua formazione completa e quindi alla sua nascita come bambino o bambina.

4 – Si sceglie quando è intollerabile per la madre partorire un bambino o bambina che possa poi essere dat@ in adozione, preferendo quindi la madre interrompere lo sviluppo del feto.Per la maggior parte delle donne la gravidanza è un fatto personale e di corpo “proprio”.

5 – Che il feto sia o no un bambino in sé, è questione che esula dalla necessità di avere una legge che renda l’aborto legale, sicuro e non ostracizzante, poiché esso si verificherebbe in ogni caso nelle forme peggiori.

6 – Mettendosi dalla parte degli obiettori, nella sfera del diritto, occorre ricordare che l’obiezione di coscienza è sempre legittima in qualsiasi contesto riguardi la vita umana (uso delle armi, interruzione, eutanasia). Ma, un medico obiettore non dovrebbe poter esercitare nei reparti ospedalieri che sono preposti all’applicazione della legge 194 e delle altre leggi come quelle che possono aiutare l’abbandono della vita.

7 – Tutto il personale sanitario operante nei reparti dovrebbe essere neutrale rispetto alla scelta delle donne o delle coppie, e garantire accoglienza, sostegno psicologico, informazione e accompagnamento senza mai esprimere sentimenti o idee valutative verso la scelta della donna.

8 – Impoverire di risorse economiche e professionali i consultori familiari è un danno grave verso le cittadine e i cittadini, specie minori, ai quali viene tolto il diritto a informarsi, sentirsi tutelati e tutelate ed educati ed educate alla prevenzione sia sanitaria che contraccettiva.

9 – L’aborto è una esperienza penso sempre, checché se ne dica, di privazione e ferita profonda. Deve poter essere riassorbita e non colpevolizzata, come ogni libera scelta che riguardi il proprio corpo. Il sostengo psicologico è una risorsa che dovrebbe poter essere presente sempre. 

10 – L’uso della pillola abortiva, spesso vissuta come contraccettivo, deve essere spiegato e compreso nella giusta funzione, e per questo i medici di base, i consultori e le scuole dovrebbero essere parte attiva nell’educazione sentimentale e medica dei giovani e delle giovani. Ed ovviamente delle donne e degli uomini più in generale. Insegnati, genitori, educatori in genere.

Quanto attiene alla spiritualità o sentimento del mondo individuali, sia pur sempre legittimo, non può in uno stato laico, contrastare il diritto, ed esprimere svalutazione della donna che in esso non si riconosca. 

I dialoghi etico-spirituali sono risorse esterne al mondo della salute pubblica per tutti (che deve essere, al di là dei redditi, e delle convinzioni, bene comune). Solo fuori dalle strutture sanitarie e di consultorio devono potersi esprimere.

Ed, ora, se volete parliamone. Ma nessuno esprima pensieri su una donna, un bambino, un medico, un legislatore. Lo stato laico è per noi una conquista del ‘900, cerchiamo di non dimenticarlo mai. Non vorremmo ritrovarci ad essere appendici di quegli stati in cui il libero pensiero e sentire è negato. Ricordiamo che ricorrono all’interruzione di gravidanza anche le donne e le ragazze nelle aule esiste un abitudine al confronto religioso. Cerchiamo di rendere anche questo dato una colpa. Chi vuole testimoniare il valore delle vita deve tutelarla nella libertà e nel diritto di autodeterminarsi.

(Nerina Garofalo)

(Archivio Centro Antiviolenza R. Lanzino)

*La foto in evidenza è dal sito di Io Donna, ed è di Dino Fracchia/Ipa – Per la foto qui nell’articolo, grazie all’Archivio del Centro Antiviolenza R. Lanzino, che ne ha consentito l’uso,

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