I terrapiattisti non sono pochi e non sono stupidi, anzi sono moltissimi anche se spesso non ne hanno contezza. In verità non pensano assurdamente che la terra sia piatta, ma adottano logiche e comportamenti come se lo fosse. È una conformazione mentale, un retaggio delle prime forme del pensiero razionale degli esseri umani che hanno adottato semplificazioni estreme per dare risposte a problemi spesso complicati. La semplificazione estrema è anche un metodo di lavoro adottato dai grandi del pensiero matematico e geometrico. Euclide e Cartesio certamente non credevano che la terra fosse piatta, ma hanno proposto teoremi e formule che adottavano il sistema bidimensionale. Triangoli, rette, angoli hanno una soluzione matematica e geometrica su di una superficie piana. La geometria euclidea è una scienza esatta, specifica, adottata ora come allora, ma noi sappiamo che una distanza tra due montagne determinata teoricamente in piano, non corrisponde affatto alla distanza reale, perché quest’ultima risulterà maggiore per effetto della curvatura terrestre. I geometri sanno perfettamente che il sistema cartesiano delle mappe catastali, denominato Cassini-Soldner, è un sistema locale e difetta molto di precisione. Il sistema adottato per dare coerenza al calcolo teorico e alla realtà del campo è il sistema Gauss-Boaga (oggi Mercatore) adottato per le proiezioni cartografiche che tengono conto della curvatura. Un sistema quest’ultimo estremamente complesso, studiato ed elaborato proprio per risolvere una spaventosa complessità: rappresentare sulla carta la superficie di una sfera.
I terrapiattisti sono perfettamente consapevoli del fatto che la terra non sia piatta, ma si ostinano a ragionare in termini euclidei perché rifiutano la complessità. La complessità è spaventosa, ci rende incerti e ci pone dinanzi ai nostri limiti oltre i quali spesso non riusciamo ad andare. Questo è il vero problema, che va al di la dellla geometria della terra perché investe l’intero campo dello scibile umano. Si tratta di un approccio filosofico con il quale si tenta di razionalizzare ogni complessità, dal sociale al fisico, dalle vicende di ordinaria quotidianità al mondo della politica, nell`ambito di una semplificazione estrema, elementare, dove due più due fa sempre quattro anche se si sommano due elefanti a due galline o peggio se si sommano due elettroni a due protoni. In quest’ultimo caso due più due non fa quattro ma due (due atomi di idrogeno).
Lasciamo convivere con la complessità della vita i nostri terrapiattisti e accettiamo il fatto che tutti noi spesso siamo terrapiattisti, perché a volte questo ci dà rapide e valide soluzioni, ma pensiamo in quale caos ci si ritroverebbe se all’apice delle strutture che gestiscono problemi di grande complessità ci affidassimo al pensiero terrapiattista. Insomma la vita sociale con le sue infinite interazioni è un turbinio di possibili combinazioni, ognuna delle quali conduce a risultati diversi. Spesso una insignificante variabile determina un cambiamento così radicale che scombina ogni previsione. È per questo che in ogni campo del sociale è necessario evolvere dal bidimensionale allo spazio tri o quadrimensionale, dalle rette alle iperboli, dallo spazio e dal tempo allo spazio-tempo. Nel mondo della politica, dove sono in campo variabili pazzesche come guadagnare il consenso in un universo fatto di milioni di elettori, per utilizzare in modo efficace tale consenso, adottare e gestire alleanze e contrapposizioni tra forze politiche, proporre soluzioni che accontentano e scontentano, valutare quanto e come, e decifrare o predire i risultati delle scelte adottate, ci vuole una grande abilità, una conoscenza perfetta di tutti i pezzi della scacchiera e, soprattutto, occorre una lucidità che superi preconcetti e istinti di pancia, per seguire unicamente l’esito delle analisi complesse della realtà e se mai l’istino del politico di classe fatto di esperienza e di dotazione genetica, lo skill del “cavallo di razza” come si diceva una volta, altro che “uno vale uno”.
Se pensiamo alle ultime elezioni politiche bisogna riconoscere, con sommo dispiacere e rammarico, che spesso è prevalso il terrapittismo. In alcuni casi la realtà è stata tradotta in forma estremamente semplificata e ha portato a calcoli completamente errati e considerazioni assolutamente fuorvianti. Ogni volta che impropriamente si è affermato che la parola “unità” coincidesse con la parola vittoria o salvezza si è fatto un ragionamento terrapiattista, il ragionamento della somma due più due. In politica non funziona mai, la somma non fa il totale. Come potevano capire gli elettori se sommi gli elefanti con le galline? Come potevano capire se fai una somma di elementi talmente eterogenei da sembrare la congregazione della mala sorte? Come potevano seguirti se metti insieme i verdi di Bonelli, con i rossi sgargianti di Fratoianni e di SEL, con i gialli di Di Maio, con quelli incolore della Bonino e quelli del PD che ti seguono ma anche no? Tutti insieme appassionatamente, ma con obiettivi ed idee e programmi diversi e contrastanti. Come possono capirti se poi, quando perdi in maniera catastrofica, ti ostini a dire e fare sempre la stessa cosa da tarrapiattista irredento, affermando che la colpa della tua sconfitta è degli altri? Come può finire la vicenda, mal congegnata e mal gestita, del “campo largo” se alla fine ti buttano fuori dal partito, ma continui a fare il segretario in attesa del congresso e aggravi la situazione con il tuo terrapiattismo? La ricerca spasmodica di altre entità eterogenee da aggiungere alla falsa somma, senza prendere atto che il tuo due più due fa molto meno di quattro, non solo indebolisce l’opposizione alla destra vincente, ma espone il tuo partito ad essere facile preda del risorto populismo cui hai contribuito a ridare fiato, non volendo mai prenderne le distanze in modo netto e chiaro. Ora ti sei sparato un’altra dose di populismo con la nomina delle vice presidenze alle camere e stai brigando per una improvvida alleanza in vista delle imminenti elezioni regionali, ma risulterà chiaro che in questa alleanza non farai da padrone, ma dovrai accettare una condizione subalterna che, mi dispiace dirlo, segnerà la disgregazione del partito e la fine di una grande e storica esperienza politica che ha dato importati contributi di civiltà e di progresso al nostro paese.
(Marcello Veccia)




