In vista dell’Assemblea regionale di Italia Viva, #lottangoloBlog si è reso disponibile ad ospitare contributi di discussione preliminare. Ogni proposta di riflessione comune sarà benvenuta in redazione. Potete contattarci per email all’indirizzo dei 4 co-direttori del blog (che è libero e indipendente) per l’invio.
Avviamo lo spazio di confronto con un prezioso contributo di Vittoria Crisostomi
***
TERZO POLO O COME SI CHIAMERA’.
“NON SERVE UN PARTITO UNICO MA UN PARTITO NUOVO”.
Serve la costituzione di un partito alternativo al bipopulismo, di destra e di sinistra. Esso non si genera però fondendo Azione e Italia Viva.
Si potrebbe identificare fondendo linee di pensiero già connotate nella storia: socialista liberale, liberalsocialista, repubblicano, neo repubblicano, popolare; termini tuttavia ormai tutti insufficienti e imprecisi in un esercizio inutile.
Serve un nuovo lessico per identificare un riformismo adeguato ai nostri tempi ed al futuro. Serve un metodo più realista di quelli reclamizzati dalla stampa che alimenta, al solito, tifoserie.
Da una parte tentare di riunire i partiti già formati in una federazione si riduce a una sommatoria con dispersioni agli estremi, problemi di vita interna e di leadership. Dall’altra è non credibile richiamare la solita fase costituente, che nessuno sa bene cosa sia e come potrà funzionare e che spesso si riduce a una specie di trattativa sindacale con manifesto finale.
Sarebbe necessario ottenere consenso tra linee di pensiero disposte trasversalmente nel quadro dei partiti. Sono con maggior numerosità nelle linee dei nuovi partiti piccoli, o in raggruppamenti riformisti nei partiti più grandi. Non c’è la forza, al momento, di indurre spaccature trasversali sia per ragioni elettorali né per convenienze di micro aggregazioni.
Per aumentare numeri e spazio politico si tratta invece di riordinare l’intero sistema dei valori, intendendo ciò non come elevato afflato delle anime belle, ma come nuovo modo di vedere e diverso sistema di riferimento per provare a risolvere in forma nuova le solite questioni alla ribalta da anni, senza continuare a guardare le cose nello stesso modo. Bisogna ridefinire, risolvere e agire in un mondo che non ha più niente a che fare con quello di qualche anno fa. Quadro sociale, cultura, lavoro, insediamenti, territori, bisogni, economia, profitto, welfare non hanno più alcun riferimento con il recente passato, sebbene esso vada tenuto bene in conto con una lettura storica senza pregiudizi.
Per riallineare i presupposti di una nuova elaborazione politica del partito nuovo, necessariamente vincente sulle compagini bipopuliste, ed attrarre possibili adesioni va chiarito quali possono essere i punti di unione e i vantaggi per ciascun partito o gruppo di opinione o corrente. Va trovato il federatore, Renzi è divisivo, appare in altro modo affaccendato e pure un po’ attendista. Un partito unico: troppo facile, troppo difficile e non basta comunque.
Questioni aperte da risolvere, seguendo l’elenco de Linkiesta 17.2.2023 (A. Chelo) per dare ordine all’esposizione.
1
Nuovo posizionamento. Lo spazio politico di centro non trova riferimenti nella storia italiana poiché non c’è mai stato un vero tessuto industriale e produttivo assuefatto al mercato e quindi nessuna borghesia. Bisogna avere il coraggio di dire che non c’è mai stata una classe borghese produttiva. Quel non poco che era partito negli anni del boom, con Olivetti e Mattei, è stato adeguatamente impallinato dal discreto e potente blocco clerical-aristocratico-burocratico. Nessuno o poco terreno né interesse è praticato da imprenditori puri: quelli esistenti rischiano l’osso del collo; gli altri vivono spesso del sostegno pubblico e non dei propri investimenti e innovazione.
Il risultato è che quel poco di classe media che si era costituita in quegli anni ormai è stata quasi del tutto sfaldata, non solo come economia ma anche come cultura.
Fanno sponda da sempre a questo quadro un PCI operaista e pauperista, di facciata, con alterne fortune e affari, ed una DC come argine, baluardo dei clerical-potentati. In mezzo non è mai attecchita una vera cultura borghese produttiva, e ogni tentativo è stato adeguatamente interrotto.
Potrebbe giocare a favore di un superamento il fatto che il mondo è totalmente cambiato e, riunificando i populismi dx e sx, va trovato, descritto e comunicato lo spazio politico per una classe media, mediamene colta, mediamente socializzata e quindi capace di gestire la democrazia e i suoi metodi. Esiste. Esiste frammentata in mille rivoli di cultura, di associazionismo, di lavori innovativi. E’ l’Italia nel turbine quotidiano del lavoro, che tira consapevole e disponibile la carretta, cui va offerto un palcoscenico e una possibilità da politici capaci. Renew di Macron è un primo esperimento nel suo paese, con non poche difficoltà, Renew Europe va bene ma non si può costruire in Italia con i partitici metodi tradizionali. E’ un’alleanza sui valori e sulla società che dovrà avanzare: questi vanno individuati, definiti, comunicati come punti di aggregazione e di interesse, comune e cooperativo.
Nuova narrazione. Sia per le persone sia per le imprese questo posizionamento deve far superare la visione miope del capitalismo-individualismo a tutti i costi, spesso interessato solo a portare i profitti in rendite e senza investimenti. Non si tratta di contrapporre una narrazione positiva a una individualista, ma concretamente soprattutto di prendere atto che tutto il mondo economico, almeno da Davos 2019 (de Montigny), 2021 (Bonomi Masiero), fino al Giappone (!) del 2023 (Saito), sta affermando che le imprese di maggior successo oggi sono quelle che riescono a introdurre nella società, con i loro prodotti, oltre ai beni richiesti un contributo al benessere collettivo o nuove forme di welfare o attenzione ecologica. Questa linea di lavoro del tracciare i connotati per un nuovo capitalismo praticabile e profittevole, non si è finora mai interrotta ed è sostenuta anche dal mondo delle banche.
Insomma, bisogna fondare decisioni e costruzione di processi sulla fiducia nella volontà di benessere collettivo e non strettamente individuale, e nelle narrazione-per e non nella narrazione-contro, come richiama l’articolo.
Nuova visione. Per che cosa si sta lavorando? Quale profilo del mondo di domani, ormai già iniziato, vogliamo scegliere? Quali sono le leve per un maggiore sviluppo, attraverso quali saperi e conoscenze degli occupati, con quali regole territoriali, in che modo poi redistribuire i risultati dello sviluppo, come risollevare ampi strati di marginalità culturale e economica, come rivedere gli approcci economici per incorporare un moderno welfare. “Scovare il bello e dargli spazio”, fare spazio alla politica efficace. Risposte organizzate, motivate, e dosate nel tempo si attendono da chi fa della politica la sua attività.
Nessuna visione futuribile filosofica senza azioni, stile che sopportiamo da anni. Una comunicazione chiara e con una precisa spiegazione dell’avvenuto ascolto dei problemi, delle chiavi di lettura e delle opzioni politiche, con precise motivazioni delle scelte, e una seria disamina delle possibili alternative realmente fattibili. Ci sarà sempre il “si però…” e il “ma anche…” e quindi bisogna essere molto tecnici (o aiutati dai tecnici) nell’esporre metodo di lavoro e ragioni delle scelte. L’elettorato medio italiano non è poi così sbandato, però bisogna passare da una logica di schieramento (contro) a una logica di legami tra scelte e benefici (con e per).
Nuovo linguaggio. Come non hanno senso identificativi del novecento così non ha più senso un linguaggio politico obsoleto o citazioni alla moda come “sostenibile”. Serve un linguaggio della mente prima che della parola, che descriva con assoluto realismo bisogni, debolezze, convenienze, leve e strumenti, soprattutto non limitandosi a elenchi ma a tenere insieme descrizioni di processi in corsa, evolventi, connessi, contraddittori, tutti motivati dal reale, e tutti da fare oggetto di soluzioni di sistema. Non da idealtipi ma dai fatti nasce la strategia e l’azione politica, con avvenimenti semplici e crudi a misura d’uomo, la cui ricaduta denota il benessere e la qualità dell’azione politica. Il linguaggio non è maquillage ma metodo politico.
Nuova forma organizzativa. Ormai i processi oltre che essere sempre in evoluzione nel tempo sono costantemente multiscalari in un continuo mix di ragioni tra intermedio, locale, generale, mondiale. Un partito moderno deve assumere quindi la postura di un surfista per cavalcare utilmente molteplici ragioni, senza trovare mai posizioni apodittiche rigide e sempre con una forma organizzativa flessibile che lo accompagna. Ciò non vuol dire barcamenarsi come si vede spesso, ma chiarire la fluidità del contesto e le ragioni delle scelte. Una sola strategia può avere più di un’alternativa di azione possibile per ottenere la stessa dose di benessere e miglioramento. L’unica forma di riferimento fissa rimane lo statuto etico e il percorso di futuro, prima enunciato, che lo identifica, che lo rende ben visibile.
E evidente che non ha più alcun senso una organizzazione per coorti ai diversi livelli territoriali, in genere anche con un ordinamento gerarchico. Esistono invece le questioni da risolvere, e vanno risolte traguardando le possibili diverse scale e i diversi saperi che entrano in gioco, raccogliendo i possibili rivoli di pensiero che traversano i cittadini, i segnali delle istituzioni interessate, le aspirazioni vere delle imprese. Quindi ciò che conta davvero sono i nodi di comunicazione i “flussi elaborativi” tra chi si misura nelle azioni politiche e tutti i punti di accumulazione di pensiero nella ormai multiforme società civile. In tal senso sono state utilissime le esperienze come i Comitati, i Cantieri, i webinar durante il lockdown, le 100 idee, la preparazione dei tavoli della Leopoldina romana; tutte esperienze mirate a una pervasività nel sociale attuale, e anche volentieri condivise da molti, anche non iscritti ma interessati alla cosa pubblica. Sono poi purtroppo state disperse, almeno a Roma, facendo prevalere le antiche logiche di partito, anche con un certo irrigidimento gerarchico e organizzativo. Bisogna avere il coraggio di misurarsi con la società civile e la capacità di ragionare in modo strategico, presentando le reali ragioni delle azioni della politica su luoghi, soldi, soggetti, partner, e gli effetti attesi.
Nuovo confine tra confronto e decisione. Non bisogna mai più mescolare gli spazi di riflessione e racconto occupati dalla società civile che, in buona parte, riesce a sapersi leggere e rappresenta la realtà, e quelli dei politici demandati alla capacità di ascolto, a comprendere i messaggi da essa provenienti, e trasformarli in azioni, leggi, divieti e finanziamenti. Il confine non sono riunioni in sezione immediatamente dimenticate, deve essere una interfaccia continua di scambi per adattare e modificare le scelte. Poi chi è demandato a scegliere lo deve fare: la strategia è scegliere un percorso, uno solo, dandone ragioni; non è barcamenarsi in modo da non perdere il consenso di nessuno. Si chiama democrazia rappresentativa non dirittismo. Queste considerazioni hanno, inoltre, la conseguenza che non bisogna sostituire un malinteso senso della partecipazione con l’efficacia della decisione e dell’azione politica. La società che partecipa è titolare del racconto, dei multiformi aspetti della realtà, della conoscenza delle specificità locali e sociali, e deve essere oggetto di rispettoso ascolto per la formazione dei progetti. Chi è costruttore politico è demandato alla decisione edall’azione, lo deve fare e deve essere lasciato libero di farlo con tutte le responsabilità che ne conseguono, in onore al concetto di rappresentanza. Stesso discorso per privati, imprese, investitori per i quali va ben distinto il supporto alle attività per lo sviluppo dall’assistenzialismo speculativo e senza speranza.
Ne discende da ultimo la questione della leadership, che non può essere assegnata a nessuno nei soggetti in campo, a guida delle formazioni in questo momento. Nuovo partito nuovi messaggi e nuova leadership per chi saprà costruire e impersonare meglio i valori condivisi.
Si potrebbe chiamare “Partito Unico”.
(Vittoria Crisostomi Roma 02.03.2023)
Immagine da