Ogni vita è benedetta

In ottica cristiana, e non solo in ottica cristiana, ogni vita è benedetta, e noi siamo chiamati a bene dire. Di questo parlavo stamane in un dialogo sulle vite proprie e degli altri con una persona a cui voglio immenso bene. Un gemello distopico, a cui poco importa, come ad ogni persona che conosca la bellezza dei Vangeli, che la parola passi per la fede dichiarata. La Parola conta, quale che sia la nostra o altrui condizione di fede ed esistenziale. Il gesto di benedizione che conclude il rituale ecclesiastico, che si ripete tre volte nelle giornate cardinali, è forse quello che più consola un cristiano nel vivere. Quale che sia il suo dubbio, la sua pena, la sua gioia, il suo tremore di emozione o paura, sapere di avere con sé la “benedizione”, l’essere stato “bene-detto” e non “male-detto” è la riserva di forza immensa che si incontra, in specie, con la grazia e con la fede.

Ora, a proposito di parola cristiana, di parole di agnostici e atei, di parole di persone in altre fedi, a proposito del destino dell’uomo che abbia compiuto un crimine nei confronti della sua comunità, dello Stato, dei suoi cari, di persone e gruppi di persone, ciò che ascolto e leggo mi lascia stordita.

Non perché io non sappia quanto la nostra società sia votata a male-dire, piuttosto perché mi accorgo del valore che ha dentro di me la benedizione ricevuta col battesimo, e ribadita con gli altri sacramenti cristiani, che fa sì che io abbia la certezza morale del valore del bene dire, come diceva oggi Maurizio, ogni singola vita, in qualsiasi situazione essa abiti e si esprima. La bellezza dei Vangeli è nella accoglienza profonda dei rifiutati, degli ultimi, ma dei peggiori allo sguardo delle leggi solo umane, un abbraccio che prima di redimere, perdonare, assolvere, benedice e abbraccia e ri-conosce.

Or dunque, tutto questo volere che i rifugiati in Francia saldino il loro debito con la giustizia dopo decine3 di anni, a me pare irreligioso, illogico, dis-umano. Se lo scopo che noi damo alla sanzione e alla pena carceraria, è nei fatti la riabilitazione nel dialogo sociale nel rispetto profondo delle sue libertà e regole, non è forse un percorso di riabilitazione quello che porta il latitante all’esilio, a una vita spezzata e ricomposta (nella legalità e nel rispetto del diritto, nella riflessione su una condizione umana che impedisce il saluto al genitore morente, la presenza alla comunità di affetti che anche il peggiore assassino nutre con cuore e certezza) sapendone bene il prezzo e il valore? 

Potersi ridefinire non nelle mura di un carcere (dove sempre più possiamo immaginare che le persone si male dicano e vengano male dette), ma alla luce di una convivenza nella quale si fanno i conti con la propria storia, i propri errori, i propri crimini, è una forma di riabilitazione, perquanto in fuga con l’appoggio esplicito di un’altra realtà, in questo caso la Francia.

Da trenta a cinquant’anni di esilio sono ben più di 30 anni di carcere. Non sono bella vita. Con la possibilità di non uccidersi per disperazione, di non sottostare alle violenze troppo spesso interne al carcere, a quell’oblio del crimine negato dalle convenzioni mediatiche del nostro tempo. I nostri archivi sono incancellabili, come la male dizione che incombe quando non vogliamo costruire ma anche distruggere.

Per sempre Antigone, Per sempre Gesù il Nazzareno. Per sempre bene dire ogni vita, quale che ne siano le ombre. Non vuol dire né perdonare, né graziare, né condonare, né chiudere un periodo storico alle nostre spalle. E’ qualcosa di ben più profondo, che anche chi non crede può praticare, e molti non credenti praticano: accompagnare con la benedizione il percorso di ciascuno, perché come dice il protagonista del film The Whale, alla sua amica Liz: “Non credi, Liz, che dovremmo saperlo? Nessuno è capace di non amare”. E, con Nietzsche, e Zarathustra : “Amiamo la vita non perché siamo abituati alla vita, ma perché siamo abituati ad amare.”

Ed allora bene diciamo la nostra vita e le vite degli altri.

(Nerina Garofalo)

In Ascolto– Che sia benedetta, Fiorella Mannoia

le foto in evidenza e qui sono dal film di Mimmo Calopressti “La seconda volta”.

Pubblicato da NerinaGarofalo

Photographer - Personal coach - Narrative thinker Consultant

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: