5 giorni di covid per essere felici

Ho scoperto di essere positiva la domenica di Pasqua. 1-2-3, covid per tutti, dopo aver resistito, in tre, due anni e un mese. Stesi, raffreddati, fra increduli e soddisfatti. Covid con tre vaccini, ti sembra quasi un privilegio. Mica quello terrificante e dolorosissimo, per tutti noi, di prima ondata. Il covid di famiglia, subentrato al terzo giorno, offre quasi il piccolo brivido di un lockdown, se non fosse per la sporta costosissima di farmaci non prescrivibili che lo accompagna, se moltiplicata per tre — Tachipirina, Oki, Vitamina E, Vitamina C, Integratore multiplo, Fluimucil — A 5 giorni però, tutti negativi. Da sabato sera.

Il guaio vero è che all’astenia mostruosa si accompagna, nel mio caso, l’insonnia. Veglia esigente di notte, sonnolenza terrificante di giorno (con scadenze di lavoro annesse). Per principio io di notte non lavoro, è l’ultimo baluardo a difesa del privato, la notte. Se non dormo ascolto i suoni di pioggia, scrivo i sogni su pezzetti da onirica intersezione, vedo crime spaventosi, una volta su 5 vedo un bel film, sviluppo foto sul telefono, mi alzo per un caffé delle 3.05, vado col cane dalla finestra a vedere se fa freddo (abbastanza), torno a letto, dormo pochissimo, mi alzo nuovamente.

Alle 8 crollo, fino alle 10.00, poi emergo.

Stanotte ho pulito in cucina alle 4, anche quello che non c’era da pulire. Non è sempre così, è così soltanto se mi devo operare, come in questi giorni, o se qualcuno che amo non sta bene.

La lunga premessa è per dire dall’intimo dei giorni di un libro intimo, il nuovo libro di #VeronicaRaimo che mi ha tenuto compagnia, in audio book, nella splendida lettura di #CristinaPellegrino, scelto per la segnalazione, quasi entusiasta, di Riccardo.

Il libro, che avevo preso giorni fa in ebook, si è insinuato fra le lenzuola e la tele in voce sola, e si è fatto strada come fanno quei libri che alla fine sei contenta di aver letto (audio-letto, nello specifico) e che credi farebbe bene ad altri conoscere e leggere.

La lettura si è snodata in due tempi – notte 1 e notte 2. Curiosamente, seguendo un cambiamento di tono interno al libro che ai miei occhi lo ha salvato da un inizio scettico, prodotto da un sentimento di distanza.

Notte 1: la lettura è divertente, la lettrice (#CristinaPellegrino) meravigliosa, la scrittura fluida e benevola, senza incudini sulla testa né lame nel cuore. Ma prende. Sembra quasi la versione buonista (forse un po’ da conventicola) della beata meraviglia che è Zero Calcare. Ma Zero è altro pianeta. Ti apre il cuore lui, è così soggettivo da essere di tutti, ma proprio tutti, nei momenti cruciali (nascita, morte, malattia, scuole, G8, delitti, antifascismo, amore, solitudine, Curdi). Ed è buono. Intimamente buono.

La Raimo di cuore apre il suo, e ti prende, ti porta a seguirla, a volte riconosci delle cose, ma è davvero soggettiva, centrata sul sentire proprio. Insomma, io alla fine della parte uno (diciamo fino alla storia dell’auto aziendale e della vacanza a Ventotene) ero divertita ma un po’ critica. Or dunque, mi dicevo, davvero nella collana principale Einaudi? Davvero un libro da Premio Strega? Perché io se penso alla collana Einaudi principale, penso all’esordio di Paolo Sortino (Elisabeth), se penso allo Strega penso a Tiziano Scarpa per Stabat Mater, penso a tantissime opere che mi hanno cambiato i giorni. Penso a Trilogia di K — Insomma, la prima parte di “Niente di vero”, mi fa pensare a Stile Libero, dove ci sono sì cose bellissime, ma forse non fondamentali. Molto soggettivismo, anche ben scritto, ma soggettivo assai assai, perimetrale. Ma non come Petrarca, Come alcune cose italiane belle, anche belle belle, ma non è che non ci dormi la notte.

Invece io poi, la notte dopo, non ho dormito perché volevo ascoltare. A parte la lettrice, che fa le voci in modo straordinario, volevo proprio capire la storia della donna che il libro consegnava. E cosa vuoi di più da un libro?

Insomma, ho sofferto con lei, mi sono stranita con lei, anche se mi sento a distanze abissali. Forse perché la donna che scrive della donna quel “niente di vero” che sembra così vero, ha 48 anni ed io 56. Forse perché quando sento circoscrivere la figura nella madre fra la depressione e l’ascolto della Radio e l’ansia, mi chiedo da madre quanto può far soffrire un figlio la depressione, e mi viene in mente il Baricco di Emmaus, così più pietoso nonostante la rabbia che forse ci sta, sì se ci sta. Dolore uguale però. Mi sono sentita, benché per età di entrambe, la cosa non sia data, materna.

Mi arrivava tutto quel dolore, della protagonista, tutta quella solitudine immersa, tutto quel pensare così forte, individuato e netto, nonostante l’ironia e l’autoironia, e le voci che senti (brava Cristina, il padre non lo dimenticherò facilmente). Scritto benissimo, sì. Onestissimo. Senza sconti. Forse solo un po’ troppe certezze sui sentimenti altrui, ma ci sta, se si parla di adolescenze protratte e adultità preziose a costruirsi.

Insomma, io il libro l’ho bevuto di notte, è femminile nel senso più pieno, senza fronzoli, e nella seconda parte è trascinante. Ti viene da darle 9 per lo svolgimento del tema, con annesse carezze non richieste e un brava per la sicurezza dell’insicurezza del mondo. E per la critica di sistema, che però se ti pubblica Einaudi un pochino di sistema, dico forse, devi averlo incontrato. E di questo sono felice. Perché è un libro molto più bello e onesto e toccante della media.

Non credo che ne appunterò le frasi sulle agende, come facevo e faccio, non ho sottolineando, né annotato. Ma la storia mi è arrivata tutta. Intera, complice, persino di ciò che non amavo. Quindi, a conti fatti, io premio la bellezza del dialogo interno, l’onesta dei sentimenti, l’ironia, il fatto che di lei non conosciamo alcun aspetto esterno (dal libro) ma un tutto interno che è così ben detto che sembra che ti viva al pianerottolo, e tu la veda ogni mattina esistere.

Insomma, fossi in voi lo lèggerei, grazie a Riccardo che me lo ha passato. E magari, non so cos’altro concorra, vince lo Strega con merito. Perché è un bel libro.

(Nerina Garofalo)

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